venerdì 30 settembre 2011

Lavoro: una transazione tombale sui diritti

E' una di quelle notizie che appaiono fin troppo spesso sui giornali alle quali, purtroppo, non viene data la rilevanza dovuta. E' triste dirlo, ma ormai non si fa quasi più caso a chi rimane senza lavoro o lotta da mesi per avere lo stipendio o per ritornare in attività, desiderosi di lasciarsi alle spalle la cassa integrazione. A lungo andare è sentita come un peso; come qualcosa che gli è stata concessa per grazia divina.
Su http://www.viaemilianet.it/, Il prezzo del lavoro, abbiamo letto dei 64 facchini della Gfe che dopo 11 mesi di cassa integrazione (a 640 euro), hanno rinunciato a qualunque rivendicazione nei confronti della Snatt pur di tornare a lavorare. Dopo aver scioperato, manifestato, organizzato presidi, fatto lo sciopero della fame  e della sete, hanno deciso di firmare una transazione tombale con la Snatt.
L'accordo con i sindacati prevedeva che i lavoratori rinunciassero non solo alla causa avviata contro la Snatt, ma anche al diritto di promuovere una causa analoga in futuro. La Snatt, però, ha preteso di più: una transazione tombale con cui i lavoratori rinunciano anche al recupero di eventuali differenze retributive e previdenziali riconosciute dal giudice. Tutto questo per essere assunti dall'azienda della famiglia Fagioli.
Gfe, lavorando esclusivamente per la Snatt, ha riservato ai suoi dipendenti trattamenti economici inferiori a quelli dovuti e la Snatt sarebbe chiamata a pagare.
Ci sono le leggi; c'è una sentenza del giudice che riconosce le differenze retributive e previdenziali da onorare eppure, se vogliono lavorare, sono obbligati a disconoscere ciò che gli spetta. Anzi, tutto sommato sono fortunati, perché tornano a lavorare. In pratica si sono pagati il diritto di lavorare! Hanno lavorato e sono stati pagati meno del dovuto; hanno perso ore di lavoro e poi messi in cassa integrazione, perdendo soldi; infine devono essere grati se un generoso imprenditore li fa lavorare, purchè rinuncino ai loro diritti che, in termini pratici, si trasformano in soldi sonanti per il buon padrone.
Queste sono le "nuove" condizioni da patteggiare o contrattare? Queste sono le relazioni industriali di secondo livello? E' l'ora di finirla di dire sempre "così è il lavoro! Speriamo in tempi migliori!" Non verranno mai i tempi migliori se non si rispettano le leggi e i patti o se, questi ultimi, sono unidirezionati nel senso della proprietà.
Ogni rapporto, anche quello lavorativo, è dato dal rapporto dare-avere e uno non può essere preminente sull'altro, altrimenti, prima o poi, si altera l'equilibrio, che, in questi ultimi anni, si è sempre positivamente indirizzato ai maggiori interessi del capitale.
Potrà sembrare banale e anche demagogico, ma i lavoratori che a fine mese non prendono i soldi non possono andare dal macellaio e dal droghiere e pretendere da loro una transazione tombale sui loro debiti, pena la perdita di un cliente che "forse in futuro potrebbe anche pagare".
Questa non è una vergognosa pagina del lavoro. Questa è un'esaltante pagina del capitale, che sta stravincendo sul lavoro!

4 commenti:

  1. Tutto quanto sopra scritto non fa una piega. Perlomeno nel senso contemporaneo di intendere i rapporti di lavoro/sfruttamento. Ma c'è un punto sul quale io vedo un altro aspetto, che definisco altrettanto grave del prendere o lasciare dell'azienda. Parlo della resa incondizionata dei sindacati e dei lavoratori, spesso consigliati dai primi. Lo so che la prospettiva di perdere il lavoro terrorizza i più, che ci sono i figli e i mutui e le bollette ecc. MA scendere a compromessi quali rinunciare a ciò che spetta PUR di lavorare, equivale a perdere due volte. Dignità in saldo.

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  2. Cara Antonella, condividiamo totalmente con lei! Ci sono situazioni, purtroppo, che ti obbligano a ingoiare il rospo e, spesso, mettono il sindacato nella condizione di non operare nelle condizioni dovute, a causa della debolezza che da anni lo contraddistingue, a causa della trasformazione del lavoro e la vittoria persistente del capitale sul lavoro. Il nostro intendimento, comunque, era quello di far trasparire la necessità di non mettere "la dignità in saldo!"

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  3. Caro Idelbo, ringrazio lei e questo sito per l'attento lavoro d'informazione e formazione che svolgete. La vicenda che è stata raccontata è tristemente speculare di un andamento sempre più diffuso, ovvero mollare diritti nel tempo duramente conquistati per mantenere un posto lavoro che per quanto misero, possa in qualche modo permetterci di sostenere quei bisogni che ci hanno creato proprio perchè avessimo..bisogno!
    Non parlo ovviamente dei bisogni basilari, ma spesso, mi perdoni l'attitudine polemica, sento persone che si spezzano la schina in doppi lavori per comprare play-station, i-phone, wii ai figli o quant'altro di inutile e diseducativo possano continuamente proporci.
    Spero che avremo modo in seguito di ampliare concetti e discoris, che qui per ragione di tempo e spazio appaiono necessariamente riduttivi.

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  4. Cara Antonella, non vorrei apparirle ovvio, ma concordo pienamente...per questo dico che c'è necessità di una vera e propria "restaurazione"...non ultima il fatto che il pianeta consuma molto di più di ciò che produce...dovremo darci una calmata...riflettere...e impostare nuovi atteggiamenti. Difficile! Ma non c'è altra strada.
    Totale disponibilità all'ampliamento di concetti e discorsi.

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