domenica 18 settembre 2011

I giovani e lo spirito critico

Da qualche giorno sono usciti i dati dell'Ocse sulla scuola e, francamente, avevamo deciso di non leggerli, per non subire l'ennesima e brutale vergogna, alla quale mai ci si abitua. Non che siano necessari e dati Ocse per rendersi conto della reale situazione, ma, forse, il sapere che anche altri paesi sono nelle nostre condizioni, parrebbe darci al speranza che in futuro le cose potrebbero cambiare; che forse basterebbe mandare a casa questo governo per ritornare ad avere una buona scuola. Ma è così?
Premesso che gli anni dei governi Berlusconi rimarranno negli annali della storia scolastica come i peggiori di sempre, anche i governi di centro-sinistra non si sono certo evidenziati per un "particolare interesse". In una società individualistica come l'attuale, dove, come scrive Bauman "Per essere individui [...] bisogna tirar fuori  i soldi, un sacco di soldi; la corsa all'individualizzazione non è aperta a tutti, e seleziona i concorrenti in base alle loro credenziali",le credenziali sono la ricchezza; la notorietà, facilmente raggiungibile con il Grande Fratello o con il concorso per veline, anziché la fama, raggiungibile solo attraverso meriti acquisiti; l'estetica del consumo, che ha preso il sopravvento sull'etica del lavoro. Chi non ha queste qualità può solo sperare di non cadere nella discarica sociale. 
Non ci può meravigliare quindi che Berlusconi dica che una donna che ha un bell'aspetto e un bel posteriore avrà sicuramente successo o che si faccia un'intervista ad una escort, come Terry De Nicolò, la quale asserisce che le donne brutte devono stare in casa, o che tutte correrebbero dal piccolo Napoleone se solo lo chiedesse o, peggio ancora, che quelli che guadagnano due mila euro al mese o meno sono delle pecore. Un'intervista durante la quale si esalta la figura di Tarantini, noto imprenditore di malaffare, dove si giustifica l'utilizzo delle escort-tangenti, come se fossero normali mazzette, necessarie per avere successo e che solo pochi (leoni) sanno fare, mentre il resto è composto da pecore. Il video dell'intervista lo potrete vedere cliccando su "Hanno detto"
Per ritornare a certi valori, necessari anche perché il bene comune sia sentito come necessità, è necessario che la scuola riprenda il suo reale scopo. Scrivevamo in un precedente post che l'arduo compito della scuola dovrà essere quello di insegnare ai giovani l'importanza dello studio e sensibilizzarli alla necessità del "sapere", non fosse altro che per l'importanza dell'istruzione al fine di migliorare, come dice Bauman, il "mondo in cui viviamo". E' attraverso l'istruzione che si prende coscienza dei doveri e dei diritti; che si pensa all'Altro, compreso il nostro "vicino globale", come parte di noi; che si dovranno studiare nuove strade nei rapporti di lavoro; che si potranno formare anche microimprenditori, sensibilizzati all'importanza dei rapporti paritari con la forza lavoro. Tutto questo non può essere lasciato al libero mercato, ma dovrà essere l'impegno della scuola, dell'università e degli studiosi di scienze sociali. La sociologia in generale, e quella del lavoro in particolare, dovranno trovare nuovi sbocchi, nuove strade. Soprattutto dovranno trovare un nuovo modo di affascinare i giovani, di richiamare la loro attenzione per nuovi progetti di vita e di lavoro.
Chiaramente il compito diventa ancora più arduo se chi governa non sa se ha ancora una scuola o, per dar fondo al dubbio che ci assale, la si vuole affondare (quella pubblica!) perché ancora un luogo in cui esiste una "pedagogia critica", tanto cara a Henry A.Giroux che con Susan Searls Giroux scrive: In opposizione alla mercificazione, alla privatizzazione e alla commercializzazione di tutto ciò che ha a che vedere con l'educazione, gli educatori devono definire la istruzione superiore come una risorsa vitale per la vita democratica e civile della nazione. La sfida che si pone dunque ai docenti, ai lavoratori della cultura, agli studenti e alle organizzazioni del lavoro è quella di unirsi nell'opposizione alla trasformazione dell'istruzione superiore in un settore commerciale". Tutto questo lo scrivevano nel  1989! Da allora qualcosa è cambiato, ma in peggio! 
Negli ultimi quindici anni si sono raggiunti tragici traguardi, pensabili solo in film apocalittici: in Italia si spende solo il 4,8% del Pil, che è l'1,3% in meno della media Ocse, posizionandoci al ventinovesimo posto su trentaquattro paesi; tra il 2000 e il 2008 la spesa per la scuola primaria è aumentata del 6%, contro la media Ocse del 34%, posizionandoci al penultimo posto; gli stipendi degli insegnanti, tra il 2000 e il 2009 sono scesi dell'1%, contro la media Ocse che ha visto un incremento del 7%, pur avendo in Italia 8.316 ore di istruzione previste per il ciclo dell'obbligo, contro una media Ocse di 6.800 ore; in Italia la percentuale di laureati sulla popolazione adulta è del 14% (solo Turchia e Brasile ne hanno meno) e solo il 20% della fascia di età 25-34 contro il 37% della media Ocse, posizionando il nostro paese al trentaquattresimo posto su trentasette paesi; pur essendo buona, la percentuale di occupati laureati è del 79%, contro la media Ocse dell'84%. Si evidenzia una maggiore occupazione dei laureati (+28%) rispetto a quelli che non hanno terminato gli studi superiori, ma necessiterebbe un'attenta analisi di come vengono impiegati e declassati i laureati italiani, tanto che molti preferiscono andarsene all'estero, ma ci porterebbe fuori dal nostro argomento.
I giovani devono riprendersi il loro spazio e la voglia di diventare di nuovo lo spirito critico della società; devono smuovere le acque e agitare gli animi, per obbligare chi governa e chi dirige a mettersi continuamente in gioco; è solo attraverso loro che si potrà nuovamente subordinare il mercato alla società, ma devono convincersi che la scuola è solo l'inizio della formazione, che dovrà essere estesa per tutta la vita, perché, come scrive Bauman: "L'ignoranza produce la paralisi della volontà [...] Abbiamo bisogno della formazione permanente per darci un'alternativa,  ma ne abbiamo bisogno ancora di più per salvare le condizioni che ci rendono disponibile, e in nostro potere, quell'alternativa".

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