mercoledì 21 settembre 2011

Prima uomo... poi extracomunitario!

 Come al solito, dopo pranzo, stavamo fumando la maledettissima sigaretta e, passeggiando nel cortile della fabbrica, ci siamo imbattuti in una discussione fra tre muratori, che stanno facendo lavori di restauro all'esterno della stessa: due italiani e un extracomunitario. Uno dei due italiani  era il titolare dell'impresa. La discussione non era con tono amichevole, anzi, tutt'altro. 

In pratica, l'imprenditore cercava di convincere il ragazzo non italiano di fare 20 giorni a casa per poi assumerlo di nuovo a tempo determinato. Naturalmente l'altro non era contento, in quanto la promessa era che se lui avesse lavorato bene e senza il conteggio degli straordinari sarebbe stato assunto a tempo indeterminato. Tra l'altro gli faceva presente che in quei venti giorni non avrebbe riscosso, quindi non avrebbe potuto mantenere la famiglia. La discussione è andata avanti per parecchi minuti e, vista l'insistenza dell'extracomunitario, il titolare dell'impresa si è prodigato in una filippica pazzesca. 
In definitiva, si sentiva in dovere di rimarcare al ragazzo che, se non era contento poteva anche tornarsene da dove era venuto; che prima faceva lo schiavo e che ora, e si baciasse le mani, prendeva ottocento euro al mese e che se riusciva a non mangiare prima, quando era al suo paese, lo poteva fare benissimo anche adesso! "Voi non siete mai contenti: vi sfamiamo, vi ripuliamo, vi offriamo i nostri ospedali e magari vi fate anche la pensione, che io non ho. Io lavoro quattordici ore il giorno per pagarti e poi ti lamenti anche, pirla di un marocchino. Se non vuoi starci venti giorni, per me, ci puoi stare anche per un anno! Ha ragione la Lega, dovreste tornarvene nei vostri tuguri, perché se vi diamo un dito vi prendete tutta la mano. Se non puoi mantenere la tua famiglia, la rimandi al tuo paese. Se ti va bene...bene!...altrimenti levati dalle scatole". Questa è la breve sintesi del contenuto della discussione, anzi, della parte finale, diventata un monologo. Il rischio di perdere il lavoro aveva ammutolito il giovane, che faceva dalle dieci alle undici ore per ottocento euro al mese e nessun diritto di chiedere gli straordinari. Naturalmente, tanto per tranquillizzare i nostri lettori, siamo intervenuti a dirimere la discussione e a risolvere la questione, ma non è questo l'argomento che ci interessa sottolineare.
Durante il pomeriggio, siamo riusciti a trovare l'occasione per offrire il caffè al giovane muratore,  scoprendo che duecento euro li ha sempre mandati ai suoi genitori, poverissimi e senza sostentamento...e il suo titolare ne era a conoscenza! 
Siamo arrivati ormai ad un livello di morale così basso che non si da più peso a questi soprusi. Sono consuetudine, normalità, quasi prassi.  A tal proposito, ci preme ricordare un passo di Zygmunt Bauman:" siamo franchi, non c'è nessuna 'buona ragione' per cui dovremmo essere custodi di nostro fratello, aver cura di lui, essere morali, e in una società orientata all'utile i poveri e gli inattivi, privi di scopo e di funzione, non possono contare su prove razionali del loro diritto alla felicità. Si, ammettiamolo, non c'è alcunché di 'ragionevole' nell'assumersi la responsabilità, nel prendersi cura degli altri e nell'essere morali. La morale non ha altro che se stessa per sorreggersi: è meglio avere a cuore qualcosa che lavarsene le mani, anche se questo non arricchisce le persone e non incrementa la redditività delle aziende".

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