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"IL FUTURO DELLA SINISTRA". 

Conversazione con Simone Oggionni

Sono più di due anni che non scrivo. 
Già con Renzi provavo una certa nausea per la politica. Con l’insediamento dell’attuale Governo mi è passata completamente la voglia! Seppur convinto che l’opera demolitrice del primo abbia costruito autostrade per questo governo assurdo, tuttavia non è certo colpa di Renzi se una marea crescente di italiani ha perso il senso dell’etica e della ragione, dando il potere ad un governo che è un misto del peggior fascismo, razzismo, qualunquismo e ignoranza.
Se oggi abbiamo Salvini e Di Maio la colpa è della sinistra e non certo del PD, che ormai da anni lotta per accaparrarsi una fetta di elettorato di centro per fare numero e non l’hanno mai nascosto. Se oggi domina la cialtroneria, la grettezza, la violenza e il razzismo è perché non esiste una contropartita di sinistra; ormai esistono forze di destra che sono allineate in un’unica cultura che ricorda bene o male quella fascista. Poi c’è il M5S ma ormai è succube della Lega e se continuerà a guidarlo Di Maio gli rimarrà poca vita!
E’ la paura di questa gente e la superficialità con cui gli italiani guardano a questi figuri che mi ha stimolato a riprendere a scrivere, con il desiderio di convincerne almeno uno del M5S a ritornare a sinistra, ad abbandonare questi pericolosi individui, che si alimentano e vivono cavalcando odio e paure e dividendo il Paese. E sono felice di iniziare con l’intervista a Simone Oggionniattuale Responsabile Nazionale Cultura per l’Articolo Uno e un giovane che stimo e consiglio di seguire con attenzione, che  intervistai ad Aprile del 2013, ripartendo proprio dall’ultima domanda che gli feci.
Ciao Simone, innanzi tutto ti ringrazio del tempo che mi dedichi e se non ti dispiace inizierei con la stessa domanda con cui chiusi l’intervista nel 2013: credi ancora che la sinistra abbia un futuro?
Ti sembrerò un pazzo incosciente ma ti rispondo con ancora più convinzione di sei anni fa: la sinistra ha un futuro. Ce l’ha nel mondo, ce l’ha in Europa e ce l’ha persino in Italia, malgrado il contesto difficilissimo che descrivi. Il mio non è un atto di fede, è una constatazione indotta dalla realtà oggettiva: viviamo in un sistema a rischio implosione (implosione ambientale, innanzitutto; e implosione economica-sociale, con diseguaglianze sempre più insostenibili). 
Il modello europeo fondato sul compromesso keynesiano è saltato. E in Italia sembriamo intrappolati in un incubo, con la destra nazionalista sopra il 40%. Ma proprio per questo, per l’oggettiva insostenibilità di un quadro simile, deve esistere un contrappeso in grado di mettersi in marcia verso una società diversa, nuova, giusta. 
Mi costa moltissimo pensare e, soprattutto, dire che il PD rappresenta la sinistra, visto che ormai sono anni che si batte per una fetta di “centro” e quindi, come dice Cacciari, parla sempre di più aélites , ma se togliamo loro dov’è la sinistra? Chi contrasta la destra che ci sta governando?
Hai centrato il punto. Cacciari, come Dumenil e Levy, due bravi sociologi francesi, mettono in evidenza da qualche tempo il grande limite della sinistra europea e italiana: essa si rivolge alle “classi alte” e non più ai ceti popolari, ai centri storici e non alle periferie, alle città capoluogo e non alla provincia. Non solo si rivolge a questi soggetti, ma li rappresenta in termini di programmi e persino di linguaggi. Una sinistra borghese - lo dico con il massimo del rispetto - di buoni sentimenti e di buone letture. Ma incapace, per la sua collocazione e conformazione sociale, di indicare un cambiamento radicale. Occorre invece una sinistra popolare, in grado di sporcarsi le mani nella sofferenza e nel disagio, nei problemi drammatici che vivono ogni giorno i lavoratori e i disoccupati. E sono tantissimi. La mancanza di lavoro, il salario insufficiente, il problema della casa, i servizi, la sanità. Occorre una sinistra popolare che torni a vedere nelle classi popolari il suo riferimento, che parli la sua lingua, che guardi con i suoi occhi. E che da lì torni a proporre un “assalto al cielo”, dotandosi di un orizzonte, di un sogno, che oggi nessuno più sembra avere, avendo contribuito a trasformare la politica in uno stanco esercizio di amministrazione dell’esistente. 
Da questo punto di vista, per non eludere la tua domanda, io penso che occorrerebbe una grande trasformazione. Occorrerebbe che il Pd e tutte le formazioni a sinistra del Pd prendessero atto del fallimento delle proprie, rispettive, strategie, e si ricostruisse daccapo un grande partito della sinistra italiana.  
Nel DNA della sinistra c’è il gene della “divisione”, quasi esistessero più sinistre e ognuna depositaria della verità. Più è sconfitta e più si divide!
Hai completamente ragione. La divisione, a maggior ragione di fronte a una destra così pericolosa, è semplicemente da irresponsabili. Quando sento che alcuni gruppi a sinistra del Pd, dotati tra l’altro di un consenso sempre più risibile, continuano a proporre di costruire un “quarto polo" contro la destra e contro il centro-sinistra mi cadono le braccia. Occorre unità, che è la vera precondizione dell’alternativa. Però il tema oggi non è tanto unire i pezzi di quello che c’è, ma ricostruire tutto. Non è sommando gli stati maggiori di formazioni politiche sconfitte e prive di credibilità che si torna a vincere nella testa e nel cuore del Paese.
Salvini dilaga tra gli elettori e detta le regole, fasciste, razziste, rancorose e stravince perché parla alla loro pancia. E noi Simone? Lo contrastiamo con chi e con che cosa?
Mi hai anticipato. Loro parlano alla pancia, noi dobbiamo parlare alla testa e al cuore. Spiegando ciò che è giusto e ciò che è razionale anche per gli interessi economici della maggioranza degli italiani. Sulla pancia, cioè sugli istinti, si costruiscono soltanto odio e rivalsa. Non democrazia, non libertà.Però anche qui abbiamo misurato tutta la nostra inadeguatezza in questi anni. Perché un conto è provare a dimostrare, appassionando, che c’è un’alternativa alla destra razzista. Un conto è salire sulle terrazze del centro storico di Roma e con una spocchia insostenibile dare la colpa a chi non ci ha votato.Quando un Paese soffre, quando un Paese non ha lavoro, non ha speranze, non ha tutele e sente crescere ogni giorno paura e disperazione, è naturale che guardi anche a destra, all’uomo forte, scaricando sugli ultimi la frustrazione dei penultimi. Noi siamo di fronte a un bivio: continuare così, contrapponendo alla destra montante una semplice e stizzita reazione morale; oppure prendere di petto la realtà, tornando a fare la sinistra e cioè opponendo un’alternativa economica-sociale più giusta, più equa, più razionale. Non sono slogan, parlo di cose concrete. Di fronte al disagio sociale montante i Cinque Stelle propongono il reddito di cittadinanza e la Lega la riforma delle pensioni. Noi non possiamo avere paura di proporre: patrimoniale, salario minimo, riduzione dell’orario di lavoro, piano straordinario per l’occupazione. 
Possibile parlare agli italiani degli extracomunitari e dell’immigrazione non alla pancia, ma con idee chiare di sinistra?
Ma certo. Innanzitutto occorre riportare l’attenzione sui numeri, sulla realtà e smascherare questa idea dell’invasione e dell’emergenza. Numeri alla mano dobbiamo dire due cose: che non c’è alcuna invasione e che la presenza della forza lavoro immigrata ha sin qui avuto un effetto positivo sull’economia del Paese (basti pensare al contributo previdenziale, al fatto che senza gli immigrati non saremmo in grado di pagare le pensioni ai nostri genitori e ai nostri nonni). E poi stare sul pezzo, proponendo idee completamente diverse. Ne dico alcune. Il tema dell’immigrazione è innanzitutto tema dell’Europa. Si tratta di fare quel che il Parlamento europeo ha già votato: riformare Dublino (voluto dall’allora governo Berlusconi – Lega), creare un sistema di asilo europeo, che redistribuisca automaticamente i richiedenti asilo. Il peso della storia non può essere addossato soltanto ai Paesi di primo approdo. Altro che sanzioni – allora – per chi sfora il deficit di qualche decimale, magari per fare investimenti pubblici. Sanzioni europee, invece, per chi attua politiche contrarie al diritto internazionale e ai diritti umani.Poi lo ius soli, immediatamente: perché crescere cittadini di serie A e cittadini di serie B vuol dire fare male alla società, spingere nell’emarginazione e nel risentimento migliaia di giovani. Non solo è giusto, ma è anche pericoloso fare il contrario.
Basta traffico di armi, basta guerre dell’Occidente, anche se per procura. Non si può devastare la Libia, lo Yemen, la Siria e mezza Africa e poi piangere lacrime di coccodrillo per gli effetti che queste guerre producono sull’immigrazione.
Stracciare gli accordi con la Libia: non ci sono mezze misure. Occorre riconoscere che pagare la Libia per stuprare e torturare nei campi di prigionia non solo è immondo, ma non risolve gli effetti perversi del fenomeno migratorio, non aggredisce la causa. Viola soltanto dignità, umanità, vite. Al contrario occorre ristabilire una rete di corridoi umanitari, come dice e propone la Chiesa di Francesco.
Consentire poi permessi di soggiorno per ricerca di lavoro: facilitare e governare i flussi e gli ingressi regolari è l’unico modo per diminuire la clandestinità.
Infine: fare quello che propone da tempo Romano Prodi, cioè un grande piano di cooperazione e di sviluppo con l’Africa, d’intesa con la Cina per costruire in maniera non predatoria, non coloniale, infrastrutture e strutture produttive di base. Non si tratta di esportare la democrazia (come se, tra l’altro, ne avessimo da esportare) ma di cooperare per la crescita sociale, produttiva, industriale, infrastrutturale di un Continente che oggi esplode e che invece ha bisogno di pace, crescita e benessere.
Sarò distratto ma non vedo giovani lavoratori e studenti battersi per il lavoro, la scuola e il loro futuro. Capisco che il sindacato abbia fallito nel recente passato, ma una sinistra vera dovrebbe prendersi in carico questi progetti antichi e pur sempre moderni.
Sono d’accordo, ma la colpa non è loro. È nostra. Se cresci in un sistema politico nel quale il conflitto non c’è, la sinistra è quella che ha votato il fiscal compact, ha inserito il pareggio di bilancio in Costituzione, ha fatto il jobs act, perché mai dovresti crescere e diventare cittadino riconoscendo nel conflitto e nella sinistra una possibilità in grado di cambiarti la vita? 
Bisogna ricostruire le fondamenta, a partire da un nuovo vocabolario politico e sentimentale che dica ai giovani: se lotti, se ti unisci alla sinistra, migliori il tuo presente e costruisci un futuro più giusto. 
Una buona parte di giovani di sinistra pare che abbiano votato M5S, è mai possibile non riuscire a parlare a questi ragazzi, rinnovando loro una visione nuova di sinistra?
Sì, è possibile farlo ma, come dici tu, rinnovando. Occorre coraggio, discontinuità, radicalità, passione. Ho la fortuna di incontrare e frequentare tutti i giorni, in giro per l’Italia, a partire dalle scuole, questa nuova generazione. Ti assicuro che se sente coraggio, radicalità, passione si accende, è pronta a fare la sua parte. Se fiuta anche lontanamente una politica fatta per interesse personale, oppure timida, compromissoria, burocratica, perché mai dovrebbe impegnarsi? Le manifestazioni del friday for future, sul cambiamento climatico, sono un piccolo ma importante segnale di consapevolezza e di attivismo.  
In che modo può la sinistra rappresentare e difendere i diritti di quelle persone (donne, persone LGBT, immigrati, persone impegnate in ONG, etc.) che sono maggiormente sotto attacco oggi?
Ho prima parlato di vocabolario, di linguaggio. Ci ho persino scritto un libretto l’anno scorso, perché aveva ragione Calvino nel riconoscere, già nei primi anni Ottanta, che la civiltà occidentale iniziava a essere vittima di una vera e propria “epidemia pestilenziale” nell’utilizzo delle parole. Facci caso: siamo schiavi di un linguaggio che è quello di chi comanda. Le donne sono apprezzabili finché stanno al loro posto. Chi vive la propria sessualità liberamente è un problema da controllare e circoscrivere. Chi lavora per mitigare le sofferenze altrui viene guardato con sospetto (o perseguito penalmente). Chi scappa da guerre e miseria (che noi abbiamo contribuito a creare) è un criminale. La povertà stessa viene criminalizzata. 
Noi dobbiamo rovesciare questa cultura dominante, provando a guardare il mondo con lo sguardo degli ultimi. Con lo sguardo delle differenze. Non è un esercizio di tolleranza: è la precondizione del cambiamento, della costruzione di un nuovo stadio di civiltà e di fratellanza.
Normalmente quando si tocca il fondo si valutano gli errori, si cerca di reagire, di risalire la china, si cercano compagni di viaggio nuovi e soprattutto giovani, per alimentare entusiasmi persi. A parte te, ci sono giovani brillanti ed interessanti da far conoscere? Mi piacerebbe essere di aiuto e concedere loro una pagina al giorno per presentarli ai miei due lettori.
Ho tanta fiducia in una nuova classe dirigente. Conosco tanti giovani dirigenti capaci, in tutta Italia. Da Peppe Provenzano, nuovo responsabile lavoro del Pd, a Elly Schlein, che è stata negli ultimi anni parlamentare europea con Possibile. Ma penso soprattutto ai tanti con i quali sono cresciuto in questi anni, compagni che non hanno mai fatto i parlamentari, i consiglieri regionali. Ragazzi e ragazze che sono diventati uomini e donne mantenendo  intatti rigore morale e ideali. Che intendono la politica solo come fatto collettivo, mai come fatto personale. Che hanno una cultura politica solida e una capacità organizzativa straordinaria. Ti faccio il nome di Francesco d’Agresta, che è anche il presidente dell’associazione politico-culturale a cui sono iscritto, Esse, in rappresentanza di decine di loro. Se la sinistra avesse la grande ambizione che ho sin qui descritto (cambiare il mondo, ritornare a vincere) si affiderebbe a loro. Invece le attuali classi dirigenti (quelle che in questi anni hanno perso e sbagliato tutto quello che c’era da perdere e da sbagliare) vogliono evidentemente conservare le proprie piccole postazioni di privilegio. Non capendo che, se andiamo avanti così, non soltanto Salvini governerà per vent’anni. Ma pure loro perderanno rapidamente quel poco che hanno. Ti sembrerò presuntuoso ma la penso esattamente così: senza una nuova classe dirigente la sinistra italiana non ha futuro. 
Sei anni fa mi dicesti che “…c’è un bisogno di sinistra clamoroso, esorbitante. Se questo bisogno non corrisponderà ad una risposta all’altezza è responsabilità nostra, di tutti noi. Penso sia un valido motivo per dedicare a questa ambizione una vita intera”. Sei ancora di questo parere? Hai ancora fiducia nella possibilità di dare una risposta a questo bisogno di sinistra? Le ultime elezioni sembrano indicare il contrario, o no?
Sì, sono ancora di questo parere. Ma sei anni fanno aumentare la consapevolezza dei fenomeni. Oggi ti rispondo così: siamo al punto in cui ciascuno si deve assumere le proprie responsabilità e in cui ciascuno è responsabile di quello che fa (o non fa). Non vorrei essere a mia volta ricordato, tra qualche anno, per avere frenato o impedito in alcun modo un processo di rigenerazione e di cambiamento della sinistra italiana. Vorrei essere invece ricordato come uno tra quelli che sono riusciti a fare saltare il tappo e che hanno liberato energie. Energie utili alla sinistra italiana, alla democrazia di questo Paese, alla nostra gente.
Sono sempre stato di sinistra e alla mia età è veramente imbarazzante trovarmi un governo della peggiore destra, con un Ministro degli Interni che ha grandi aspirazioni da duce e con l’assoluta assenza della Sinistra. Cosa farai con l’Articolo Uno per contrastare Salvini, la destra e, soprattutto, la stoltezza della Sinistra divisa per una nuova Sinistra?
Come ti dissi sei anni fa, rinnovo il mio impegno a dedicarvi, per intero, la mia vita. 
Ti sono grato di avermi concesso l’intervista, che mi aiuta a ritornare a scrivere e a combattere di nuovo per qualcosa che ne valga la pena. Non so se riuscirò dopo tanto tempo a riprendere i miei lettori, ma lo spero sinceramente e farò il possibile per aiutare Te e tutti i giovani che vorranno lottare per una nuova sinistra, che sappia parlare un linguaggio forte, giovane, trasparente e che voglia mettere la persona al centro.

E' SOLO QUESTIONE DI CORAGGIO?
Intervista ad una persona che ha subito un tragico furto in casa



Non amo le armi e odio la violenza.
Premessa importante per frenare i facili benpensanti o per dare un senso alla storia che racconterò, che non vuole insegnare niente e non vuole dare un benché minimo indirizzo...è solo un racconto! Una chiacchierata con una persona che ha subito un tragico furto. 
Sono recenti le storie di parenti di un ladro che avevano minacciato l'orefice che si era difeso in modo” eccessivo”, piangendo il morto. E' di qualche giorno la storia dell'eredità pignorata ad un piccolo imprenditore morto che aveva avuto la disgrazia di uccidere un ladro entrato in casa sua. E' ancora nei ricordi il pensionato che ha sparato ”in modo esagerato” su ladri “in fuga”! Sono note le richieste di alcuni politici, tra queste ce ne sono pure demenziali, sulla legittima difesa ecc. 
Non mi interessa entrare in questa discussione, non perché non voglio prendere  “parte” ad una vicenda tanto delicata quanto drammatica, ma perché ritengo che ognuno deve fare la propria scelta, in funzione dei propri valori e, soprattutto, in funzione del senso che da alla vita!
Leggendo i fatti di cronaca sopra citati, mi sono ricordato di una coppia di anziani signori che avevo conosciuto anni fa andando alla ricerca di un capannone e titolari di una grossa ditta orafa, legati, massacrati e rapinati da quattro ladri nel proprio appartamento. Dopo quell'incontro li avevo più volte rivisti...poi persi di vista...e li ho ricercati e incontrati di nuovo per sentire un loro parere su queste vicende.
Lo ripeto, è solo una chiacchierata, il racconto di una storia, che ognuno di noi giudicherà secondo coscienza e non ci saranno nomi, località o indizi...solo una storia!

Entrando ho visto periodici e giornali piegati o aperti sulle pagine che riguardano furti nelle case, ladri uccisi dai proprietari delle stesse.

Assolutamente si...e riguardano solo gli ultimi fatti. Nell'armadio ho centinaia di ritagli sull'argomento.

Scusa se ti ho cercato dopo un po' di tempo, e mi sento terribilmente in colpa, ma ho desiderio di conoscere il tuo pensiero su questi fatti e, a distanza di molto tempo, quali sono ancora le tue sensazioni?

Quasi 17 anni! E sai sento ancora le botte...le porto ancora addosso...e quando sento i dolori alle gambe, al petto o mi vengono le forti emicranie penso a quanto sono stato fortunato a sentire oggi questi dolori! Quando è giorno ho la fortuna di andare fuori a fare due passi, di chiacchierare con gli amici e di amare ancora, comunque sia, la vita...sorte non concessa alla mia vecchia...te la ricordi?

Certo che me la ricordo! Come sta?

Come 17 anni fa!...solo più vecchia e bisognosa di cure...e non è più uscita dal suo stato.
Adesso sono troppo vecchio per spostarla dal letto  in poltrona e aspetto che venga mio figlio...(gli ho detto che venivi e più tardi passerà a salutarti)...non ho più la forza di portarmela fuori e lo faccio ogni tanto quando ho un aiuto...non ha più riconosciuto nessuno da quella sera...è come se la mente si fosse spenta o nascosta da qualche parte per proteggersi dal dolore.
Vedi...sarei forse anche riuscito a perdonare quei criminali se non avessero toccato lei...se non l'avessero massacrata di botte...

Non voglio crearti ulteriore sofferenza...

No, no ho bisogno ogni tanto di sfogarmi e di parlare con qualcuno; mio figlio rifiuta di ascoltarmi e lo capisco perché ogni giorno, guardandoci, è come se ascoltasse infinitamente la stessa storia. Ma devo parlare...devo parlare...

Ma perché si sono accaniti su lei?

Eravamo alla televisione, quando ho sentito suonare al cancello; sono andato a vedere, ho aperto la porta di casa e c'era un signore che mi chiedeva in che casa stava la famiglia (non ricordo il nome che diceva!) e insisteva su particolari che mi aiutassero  a individuare di chi stesse parlando e non ho avuto sentore che fosse un espediente per tenermi alla porta e per concedere ai suoi compari il tempo per introdursi in casa dal retro. Conoscevano ogni angolo!
Tornato in salotto ho trovato mia moglie legata ad una sedia, con un ladro dietro che gli puntava la pistola alla tempia e un altro che la puntava verso di me! Svuotato! In un secondo il mondo si è rovesciato. 
Quello che mi puntava la pistola mi invitò ad aprire cancello e porta di ingresso per far entrare altri due uomini e tentava di tranquillizzarmi, dicendomi che se non facevo il furbo non dovevamo temere niente. Dovevo solo dire dov'era la cassaforte e poi se ne sarebbero andati.
Neanche per un secondo ho pensato di non portarli o di nascondere la sua esistenza...l'ho aperta subito...e forse è stata la nostra disgrazia! Continuavano ad urlarmi che se facevo ancora il furbo avrebbero massacrato di botte la moglie...erano convinti che come proprietario di una fabbrica orafa dovessi avere in cassaforte chissà quali tesori...erano certi che la rapidità di aprire “quella “ cassaforte era per nascondere la “vera” cassaforte! Mi trascinarono in fabbrica (che era adiacente alla casa) e presero a rovistare in ogni angolo e al fallimento di ogni angolo erano botte...ero uno straccio... ad un certo punto sembrava che i cazzotti o le randellate colpissero un altro...ma ero felice di tenerli lontani dalla mia vecchia!
Forse erano trascorsi trenta o quaranta minuti, anche se mi erano parse ore, quando decisero di riportarmi in casa e ciò che vidi entrando in salotto fu più della morte. Mia moglie legata alla sedia, con la testa ciondoloni sul petto, i capelli che coprivano parte di una maschera di sangue...che colava sulle ginocchia...non dava più segni di vita!
Non ci ho più visto e mi sono scagliato contro la belva che aveva ridotto  a brandelli il viso della mia donna...piangevo e urlavo e menavo le braccia per “uccidere”...volevo “uccidere”...volevo “uccidere”...invece ricordo di essermi svegliato il giorno dopo all'ospedale...e da quel giorno aspetto che si svegli anche lei (e la guarda con una dolcezza che non tento neanche di descrivere...impossibile!). Non so che sia successo...non ricordo più! So solo che sono trascorsi diciassette anni e se questi bastardi non sono stati catturati per altre rapine o morti per mano di carabinieri o polizia o, perché no, di cittadini impauriti, sono ancora liberi e impuniti.

Ma scusa, quello al cancello non aveva il passamontagna e doveva essere abbastanza facile prenderlo...

Evidentemente “abbastanza” non era sufficiente ed è questo che mi fa male..non le ossa! Con la moglie così e i problemi che mi sono portato avanti negli anni mi hanno obbligato a chiudere la fabbrica, a mandare a casa i 20 dipendenti e non ti nascondo che ho voluto anche cambiare casa. Mi sono mangiato tutti i risparmi e mio figlio si è dovuto cercare un nuovo lavoro e loro non solo si sono goduti i soldi e l'oro rubato, ma forse stanno godendosi la vita con le proprietà di altri. Sai, ad un certo punto mi sono obbligato a pensare che qualcuno li abbia uccisi...così...solo per sentirmi meglio...per quel senso di giustizia che sarebbe dovuta e che neanche più il Padreterno riesce a garantire...

Ma ti appaga l'idea di saperli morti?

No! Mi appaga l'idea di saperli uccisi! Anzi, mi appaga di più l'idea di saperli atrocemente sofferenti in galera...

...non ci credo!

Lo so che è amaro e non ti nascondo che mi pesa, che mi fa sentire quasi in torto e mi incazzo con me stesso perché non è giusto che la mia coscienza e la mia cultura cattolica mi facciano sentire così. Non è giusto che possa avere remore a maledire chi mi ha fatto male e, soprattutto ha fatto male alla mia donna. Guardala per Dio! 
La casa è “protezione”, deve essere la “sicurezza” per te e la famiglia; la casa è il tuo intimo e tu dovresti essere il suo custode e il protettore per chi l'abita! In un attimo sei violato in tutto questo e non solo non sei stato custode e protettore, ma hanno massacrato la persona che più ami...e mentre mi pestavano ringraziavo il Signore che non fosse stato presente mio figlio!  Quelle belve hanno violato più di una proprietà, hanno disintegrato ogni certezza! No, credimi, non è giusto che senta rimorso quando dico che devono morire con dolore...e non è giusto che imprechi quando mi capita di pensarlo!
Quando c'erano le frontiere se ti azzardavi a oltrepassarle di notte e furtivamente, potevano chiederti di fermarti, potevano sparare in aria per avvertirti...poi ti sparavano! Eppure eri su un terreno, all'aperto e di proprietà di tanti e le bestie, invece, sono entrate in casa mia...mi hanno derubato…hanno massacrato la moglie... mi hanno riempito di botte...rovinato il lavoro e la vita. No, non voglio avere rimorsi!

Entrando ho visto sulla porta le avvertenze ai ladri.

Tempo fa chiesi a mio figlio di installare delle telecamere. Quando il tecnico venne per valutare quante metterne e dove metterle, sentii che disse a mio figlio dove avrebbe voluto mettere i cartelli…capisci ?…dobbiamo mettere dei cartelli per avvertire che ci sono delle telecamere in funzione a chi viene a casa mia…bisogna avvertirli che vengono ripresi…ladri compresi! Non le volevo più perché mi sembrava una cosa ridicola, ma ho ceduto alle insistenze del figlio. Chi viene a trovarmi non ha certo problemi a farsi riprendere perché è gente perbene…perché sono persone che non hanno niente da nascondere. Se devo avvertire i ladri allora preferisco farlo in maniera diversa e senza spendere ulteriori soldi per cui mi sono messo il cane in casa (da allora ne ho avuti due!) e mi sono tenuto un fucile. Mio figlio ha messo sulla porta di ingresso e sulla porta-finestra del terrazzo un avviso che credo abbia trovato su internet:  “Caro ladro, se decidi di entrare in casa mia sappi che sei stato ripreso dalle telecamere e, qualora tu le abbia bloccate, troverai un cane piuttosto grosso che ti azzannerà. Sappi però che se riuscirai a liberarti del cane troverai un uomo con il fucile pronto a spararti”.
Questa è prevenzione! Questo è un avvertimento e se loro sceglieranno di entrare vuol dire che si accolleranno il rischio della loro scelta.

Tu pensi di avere il coraggio di sparare a uomo? E di sopportarne la morte?

Non so se tu abbia mai avuto paura. Non so se tu hai mai trascorso un minuto o un’ora tremando di terrore…noi l’abbiamo fatto per anni…e poi sono riuscito a smettere di tremare perché ho una donna alla quale pensare e, forse ti parrà strano, ma anche una dignità offesa da riconquistare. Mi avevano fatto diventare un uomo pauroso, che aveva terrore del buio e dei rumori notturni…e da qualche anno non ho più paura! 

Se tua moglie “tornasse” e ti vedesse con il fucile?

Forse lo butterei via il fucile! Lei voleva chiudere la fabbrica orafa per paura che un giorno potesse capitare quello che poi è capitato…pareva che se lo sentisse! Donna religiosissima odiava le armi, perfino la caccia. Non sopportava chi alzava la voce per ottenere ragione e riteneva privi di cervello chi alzava le mani…ma era tanto tempo fa e oggi è lì, quasi senza vita, su una poltrona da anni.
Non lo so, caro amico, se sparerei; non so se questo apparente coraggio che sento ora lo avrei al momento di sparare a un uomo…non so se sono diventato così coraggioso…ma sicuramente lo farei o lo vorrei fare se toccassero la mia donna, mio figlio, mia nuora o i miei nipoti. 
Vedi, se esistesse una telecamere che ti potesse far vedere le intenzioni del ladro e scorgessi l’intenzione di sfiorare uno dei miei cari…allora sparerei. Non avrei remore!
Una volta non sono stato un buon custode e non vorrei  non esserlo una seconda volta!
Scusa, posso fartela io una domanda?
Se un giudice potesse avere “ quella telecamera che potesse far vedere le intenzioni del ladro” e ne scorgesse le reali e criminali intenzioni…credi che condannerebbe la persona che ha sparato al ladro per difendere la famiglia?

Non lo so! So solo che ci vuole coraggio a sparare ad un uomo…molto coraggio! 

Vero! Ma tu sapessi che coraggio ci vuole ad uscire dalla paura!

(poi abbiamo parlato ancora per quasi mezz'ora, ma era storia nostra!)



LA SINISTRA HA UN FUTURO?
Intervista a Simone Oggionni


Ormai sono vent’anni che la sinistra non c’è! Anzi, esistono tante sinistre: piccole cellule, convinte depositarie di verità che solo pochi eletti possono condividere. Segretari di micro-partiti che si sono rintanati per stare lontani da un mondo che non li capisce: non sono loro che hanno sbagliato, che non sanno più dire niente di nuovo, che non sanno più parlare ai giovani, che hanno tempi di reazione da ultra-centenari (si veda l’analisi della totale e incontestabile, se non annunciata, disfatta elettorale). Propongono una “rivoluzione”? Ma quale? Con che cosa? Con chi? Neanche la sconfitta più clamorosa li schioda dalle loro posizioni, perché si sentono i discepoli delle massime filosofie e unti a spiegarle. Devono essere veramente indecifrabili se non riescono non solo a raggiungere il cuore ma nemmeno la pancia delle persone. Quanti mesi dovranno ancora trascorrere prima si rendano conto di aver fallito?
Le piazze le hanno lasciate a Grillo, i teatri agli altri partiti…e per loro solo qualche sperduto bar di periferia. Un tempo era la strada, la piazza, l’università, il quartiere, il cancello della fabbrica il luogo del confronto…oggi metteteci pure il web…ma date un segnale di vita…dite che siete ancora vivi! 
Da tempo vi avevo dimenticati…molti vi hanno dimenticati…pochissimi riescono a capirvi !
Da poco, e per caso, ho conosciuto un giovane, Simone Oggionni, portavoce nazionale dei Giovani Comunisti che nel post, Dissento, scrive: “Dobbiamo fare altro, radicalmente. Cambiare modo di ragionare. Dovremmo avere il coraggio di indicare e praticare una prospettiva nuova. Tentando, in primo luogo, di fare quello che abbiamo scritto e votato nel documento conclusivo dell’ultimo Comitato Politico Nazionale: collocare la questione comunista, la nostra identità e la nostra azione dentro l’impresa di costruire una nuova soggettività unitaria della sinistra. Ma non per rivolgersi ancora una volta ai gruppi dirigenti dei micro-partiti sconfitti della sinistra, ma facendo finalmente un bagno di vera e umile immersione nella società, nei movimenti, nelle associazioni, tra i giovani e tra le intelligenze che animano in ogni territorio – con sofferenza e grande passione – un’idea di opposizione sociale credibile alle politiche del neoliberismo e dell’austerità”.
E’ con lui che ci confrontiamo per capire se la sinistra ha ancora un futuro.

 Innanzi tutto, chi è Simone Oggionni?

Un militante della sinistra che prova a dare il suo contributo per cambiare molte delle cose che non vanno. Un tempo era sufficiente definirsi in relazione a ciò che si voleva cambiare del mondo esterno a noi. Oggi, dato che il problema siamo innanzitutto noi (perché la sinistra italiana ha sin qui fallito e si è completamente persa), dobbiamo provare a dire chi siamo anche rispetto a ciò che proponiamo per superare i nostri limiti e le nostre difficoltà.

Scusa se anticipo domande, apparentemente sparse, ma di interesse del blog.
Reddito minimo garantito o reddito di cittadinanza?

Reddito minimo garantito, come è scritto in una proposta di legge di iniziativa popolare ora consegnata alla discussione parlamentare della quale sono – insieme ad altri – firmatario e promotore.
Il tema, a mio avviso, è affermare il principio per il quale anche chi è disoccupato e chi è in cerca della prima occupazione ha diritto ad una forma di reddito che gli garantisca una vita dignitosa.
Diffido del reddito di cittadinanza perché scinde totalmente la questione del reddito dalla condizione lavorativa.
Penso invece che l’obiettivo prioritario della sinistra debba essere quello della piena e buona occupazione (con livelli salariali adeguati). Da questo punto di vista anche il reddito minimo garantito va integrato da una parte con l’introduzione di un salario minimo orario intercategoriale e dall’altra con un intervento diretto e coraggioso dello Stato sul terreno dell’occupazione e dell’economia.
Diritto al reddito, quindi. Ma anche diritto al salario e al posto di lavoro.  

Secondo te un Welfare come strumento centrale per una società “dignitosa” sarà possibile con un mercato del lavoro che sembra sempre più concentrato su pochi (core workers) e moltissimi periferici (peripheral workers)?

Certamente questa è la sfida che dobbiamo giocare. Ritengo che il welfare universalistico sia tutt’altro che superato: non è un’anticaglia del secolo scorso, come qualcuno sostiene anche a sinistra. Certamente va ripensato, attualizzato, adeguato innanzitutto alla nuova condizione produttiva del Paese. Ma chi dice che non possiamo più permetterci di sostenerlo – e propone più mercato e magari un welfare residuale – mente sapendo di mentire, perché in cuor suo non è disposto a scelte, forti sul piano della collocazione di classe, che invece andrebbero fatte. Come pago il sistema previdenziale? Ma perché nessuno dice che il fondo pensionistico dei lavoratori dipendenti è in attivo mentre quello dei dirigenti d’azienda è in deficit clamoroso? Perché nessuno vuole mettere in discussione il fatto che gli operai pagano tanti contributi e ottengono in cambio pensioni misere, mentre i capi versano pochi contributi e ottengono in cambio pensioni d’oro. Questo è soltanto un esempio. Ma il punto è questo: i soldi nel Paese per finanziare uno Stato sociale equo ed efficiente ci sono. Vanno presi però nelle tasche giuste. 

Esiste una flessibilità “buona”?

No, non credo esista una flessibilità buona e non ho mai creduto ai cantori della flexsecurity, soprattutto quelli italiani. La flessibilità – penso soprattutto al nostro Paese – ha portato con sé sempre una dose inaccettabile di precarietà. Il problema è che il nostro Paese è pressoché privo di una cultura imprenditoriale che consenta di utilizzare la flessibilità lavorativa come strumento di crescita delle opportunità e della dinamicità professionale. Ciò che accade nel nord Europa è da noi semplicemente impensabile. Qui un contratto a progetto è quasi sempre un contratto precario, con salario basso e tutele basse.

Cosa ne pensi dello scontro generazionale? Esiste o si è voluto farlo esistere per mettere l’un contro l’altro padri e figli, con l’intento di dividere due generazioni che, insieme, sarebbero state una massa minacciosa?
     
Lo scontro generazionale sarebbe utile a livello politico, nel senso che bisognerebbe alzare di più la voce contro una classe politica – lo dico pensando prevalentemente a sinistra – che è soggettivamente responsabile della condizione drammatica in cui siamo. Ma a livello sociale lo scontro tra generazioni serve appunto per frammentare le classi popolari, mettere i padri contro i figli e non i padri e i figli, uniti, contro queste politiche devastanti. Certamente, alzare l’età pensionabile non mi sembra un grande incentivo alle nuove assunzioni e non mi sembra una grande risposta al bisogno di occupazione che c’è a livello giovanile.

Si parla tanto della crisi della famiglia, ma com’è possibile che non lo sia, se al padre non viene garantita la possibilità di mantenerla, se ai figli viene negato il futuro e se alle donne non solo viene negato il lavoro ma, qualora lo abbiano, molte di loro sono impiegate nei servizi e nel commercio, con orari e turni che concedono poco alla condivisione delle attività familiari?

Sono perfettamente d’accordo con te. È questa l’obiezione che muovo a quelle forze sedicenti moderate e cattoliche che dicono sempre che la priorità è la difesa della famiglia. La famiglia la difendi veramente se dai lavoro ai giovani, tutele e diritti ai lavoratori, in particolare alle donne, e consenti alle coppie di prendere in affitto o comprare una casa, di iscrivere all’asilo il proprio figlio. Siamo il Paese della doppia morale: si dice di volere difendere la famiglia ma si contrastano, sul piano economico e sociale, tutte le proposte che vanno in quella direzione.

Per costruire nuovi posti di lavoro si parla sempre di “crescita”, ma ormai lo sfruttamento della terra e il consumo delle risorse è ben al di là delle possibilità. Ci dovremmo concentrare ad inventare lavori che riparino ai danni che abbiamo creato. Non sarebbe più opportuno parlare di decrescita?

Capisco la logica della tua obiezione ma non mi convince. Pensiamo al caso dell’Ilva di Taranto, che è dal mio punto di vista paradigmatico. Là ci sarebbero da investire straordinarie risorse (di Riva ma anche dello Stato) per bonificare la fabbrica e il territorio – e da questo punto di vista hai completamente ragione tu – ma anche per rilanciare quell’impresa modificando e ammodernando, come avviene per esempio in Germania, i macchinari, rendendoli compatibili con la sicurezza dei lavoratori e con l’ambiente. Anche con l’industria siderurgica puoi decidere cosa produrre e per chi produrre. Questo modello di sviluppo, che ha distrutto terra, territorio e risorse, non funziona più. Bisogna pensare ad un nuovo modello di sviluppo – che non deve certo inseguire l’obiettivo della decrescita – che coniughi sviluppo, occupazione e tutela dell’ambiente.

Se è vero che oltre un terzo degli elettori di Grillo sono giovani e meno giovani di sinistra, dov’è che quest’ultima ha sbagliato? Ingroia è stato e meno male che non lo sarà, se ci saranno di nuovo le votazioni, il candidato…ma veramente lo ritenevi il leader giusto?

Il problema è molto più profondo. Non possiamo cavarcela facendo autocritica rispetto agli errori degli ultimi mesi. Per quanto riguarda la nostra lista, Rivoluzione civile, penso che se non ci fosse stato Antonio Ingroia non avremmo preso neppure la percentuale – irrisoria – che abbiamo preso. Il dramma è ancora più grande: non è soltanto colpa di scelte contingenti (anche chi ha fatto scelte diverse, con leaders diversi, penso a Sel, ha fatto un buco nell’acqua), ma di una serie lunghissima di errori fatti dai gruppi dirigenti della sinistra in questi venti anni. Avevamo il più grande partito comunista d’Occidente e ci troviamo con un Pd senza anima e comunque incapace di vincere e una serie di microformazioni alla sua sinistra del tutto autoreferenziali e incapaci di incidere. Da qui bisogna partire: da una critica (e autocritica) impietosa ai gruppi dirigenti che hanno diretto la sinistra sin qui. E dal coraggio di cambiare. Certo non bastano facce nuove – serve a monte un nuovo progetto complessivo, nuove idee, nuovi linguaggi, nuovi riferimenti e nuove pratiche – ma senza un cambiamento di questo tipo non andremo da nessuna parte. Non avremo neppure la forza di avviare una riflessione sul cambiamento complessivo.

E’ solo una curiosità. Spesso, quando vado su blog/siti di sinistra e leggo i commenti mi annoio: sembrano enciclopedie, trattati di filosofie ormai lontane, libri stampati…talvolta non sarebbe meglio parlare al cuore e alla pancia delle persone?

Parlare al cuore sì, sempre. Non dimentichiamoci che la politica, almeno per noi, è un fatto innanzitutto di passione per il nostro popolo, per l’ideale di giustizia e di eguaglianza che ci spinge a sacrificare tanto: affetti, energie, tempo. Alla pancia no, parlare alla pancia solletica gli istinti, che spesso nell’uomo sono animali. E portano a destra, quasi sempre.

Cosa intendi quando scrivi “Dobbiamo […] cambiare modo di ragionare. Dovremmo avere il coraggio di indicare e praticare una prospettiva nuova”?

Tante cose. Penso che siamo alla chiusura di un ciclo storico. Le sconfitte della sinistra negli ultimi anni parlano di errori soggettivi ma anche di cambiamenti profondi nella società, nell’economia, nella cultura che la sinistra per come la conosciamo non è stata in grado di capire ed interpretare. Non è pensabile riproporre gli schemi non solo di cinquant’anni fa, ma neppure di venti, dieci anni fa. È cambiato il mondo. Ci sono diversi equilibri internazionali, una diversa composizione del mondo del lavoro, nuove modalità di relazionarsi tra gli individui, nuovi valori e disvalori diffusi. Forse ci piacerebbe – perché è rassicurante – pensare di poter riproporre un partito comunista di massa con le sezioni, le case del popolo, il dopolavoro, le sue liturgie, i suoi linguaggi, i suoi miti. Ma si è disgregata e parcellizzata la società, la classe di riferimento. Va ricostruito tutto, ma dato le domande sono cambiate, insieme ai soggetti che le formulano, devono cambiare necessariamente anche le risposte. È un lavoro di prospettiva lunghissimo, vanno ricostruiti un pensiero, categorie di lettura, pratiche, linguaggi, ruoli, modalità di coinvolgimento politico, di iniziativa. Quel che è rimasto di quella storia memorabile e straordinaria non è sufficiente, in sé, a fare germogliare dal suo ventre un soggetto politico all’altezza di ciò che eravamo. E allora bisogna guardare fuori da noi, aprirsi senza paura, interrogare il mondo, la nostra generazione innanzitutto, e con grande umiltà mettersi in ascolto.

Credi veramente che sia possibile “…non per rivolgersi ancora ai gruppi dirigenti dei micro-partiti sconfitti della sinistra”? A me sembra che ognuno di loro sia depositario dell’assoluta verità! Anche Claudio Grassi credo che la pensi come te.

La penso proprio così: qualsiasi proposta che non muovesse dall’assunzione di questa necessità, la necessità della rottura e della discontinuità, è destinata inequivocabilmente a fallire. E se non iniziamo a dirlo noi, a sinistra, lasciamo a Renzi (che avanza ricette vecchissime, più vecchie di quelle proposte da molti di coloro che vorrebbe rottamare) un’autostrada. Ecco, penso che commetteremmo un errore molto grave, che non possiamo permetterci più.

Qual è la tua idea di “opposizione sociale credibile alle politiche del neoliberismo e
dell’austerità”?

La chiave è la credibilità. Quante volte ci raccontiamo cose estremamente condivisibili o abbiamo posizioni impeccabili (sul tema della pace, dei salari, delle pensioni, del lavoro) ma riceviamo in cambio tante pacche sulle spalle e pochissimi voti? Troppe. Sai perché? Perché non siamo credibili: perché militiamo in formazioni politiche che, anche a causa del fatto che sono tra loro divise e con un consenso ciascuna di esse del tutto irrilevante, non hanno alcuna possibilità di realizzare quel che propongono. Neppure la sacrosanta e necessaria opposizione sociale alle politiche di tagli e di rigore che ci stanno imponendo. La credibilità la conquisti con persone credibili, con programmi credibili e avendo alle spalle una massa critica significativa, un peso e una forza che ti fa percepire come soggetto utile ai lavoratori, nella società. Quel che io contesto è che spesso non ci poniamo neppure il problema di come ottenere questa credibilità e di come ottenere quella massa critica che è necessaria. Ci ripetiamo che siamo nel giusto, e continuiamo a dircelo – con le stesse facce e le stesse parole di vent’anni fa – anche quando prendiamo l’1% alle elezioni.

Se il tuo dissenso non ricevesse l’attenzione dei gruppi dirigenti del tuo e degli altri micro-partiti…che farai?

Quel che mi interessa più di ogni altra cosa è il consenso della nostra gente, dei nostri compagni e di tanti che hanno deciso di non iscriversi più ai partiti della sinistra – addirittura di non votarli più – perché delusi e sfiduciati. I fatti hanno la testa dura e questo è un fatto. Con i fatti in politica tutti devono prima o poi confrontarsi.

Per curiosità: Vendola potrebbe essere un interlocutore nel tuo progetto?

Certamente, Sel è un interlocutore importante. Mi auguro che Vendola non scelga la strada più semplice e cioè quella di sciogliere Sel dentro il Partito democratico, rinunciando ad ogni prospettiva di trasformazione e di critica allo stato di cose presenti. Anche il suo risultato elettorale molto deludente dovrebbe fare riflettere: non è rincorrendo i moderati sempre più a destra che si costruisce la sinistra.

Un’ultima e forse banale domanda: ma tu credi davvero che la sinistra abbia un futuro?

Assolutamente sì. Quando leggo che nel nostro Paese cresce a dismisura il numero delle ragazze costrette ad abortire perché non hanno i soldi per crescere il proprio figlio o perché temono di perdere il posto di lavoro mi dico che non possiamo rimanere fermi. C’è un bisogno di sinistra clamoroso, esorbitante. Se questo bisogno corrisponderà ad una risposta all’altezza è responsabilità nostra, di tutti noi. Penso sia un valido motivo per dedicare a questa ambizione una vita intera.

Ti seguirò con molta attenzione, passione e curiosità, perché sono convinto che tu sia assunto un impegno titanico. Grazie di avermi concesso l’intervista.

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