Chi sono

Mi chiamo Idelbo Tardelli, anche se tutti mi chiamano Tullio, nome utilizzato per il battesimo e poi registrato al comune come Idelbo a causa di un cugino di mia madre. Ho scoperto di chiamarmi Idelbo solo in prima elementare, quando, all'appello, risposi due volte Tullio e il maestro mi cacciò dalla classe e con l'intimazione di farmi accompagnare dai miei genitori il giorno seguente. Tornando a casa ho cercato nei più bassi meandri del cervello una scusa plausibile da far masticare ai miei genitori, ma quale scusa potevo inventare per giustificare l'espulsione dalla classe il primo giorno! Il maestro è pazzo! Certo di aver trovato la scusa giusta, sono andato a casa baldanzoso e, spiegato a mia madre l'accadimento, mi sono sorbito una giornata di castigo (a dire la verità non ero proprio un angelo!) e la minaccia..."stasera sentirai tuo padre!". Fortuna vuole che mio padre aveva un debole per me e con molta pazienza mi fece ripetere tre volte l'accaduto...naturalmente minacciando di mettermi in punizione. Dopo la terza volta gli venne l'intuizione e mi spiegò qual'era il mio vero nome. Tragedia. Sono le cose che ti segnano per la vita! Ci volle la professoressa d'italiano dell'ITI, che trasformò la disgrazia in unicità.

Dimenticavo, sono nato nel lontano 1952 in Garfagnana, provincia di Lucca, poi ci siamo trasferiti a Pisa, città che ho amato e amo tutt'ora, anche se, per lavoro, mi sono spostato a Thiene, Vicenza.

Dopo il diploma in telecomunicazioni, 1971-72, ho lavorato fra Pisa e Lucca in lavori che con il diploma non avevano niente a che vedere: saponificio, officina meccanica specializzata in riparazioni e costruzioni di particolari per il settore cartario. Esperienze che mi hanno segnato la vita. Ho imparato com'era facile morire o farsi male in fabbrica; ho imparato che la vita di un operaio valeva quanto una macchina o meno; ho imparato che la salute dell'operaio era un optional. In un post, la Busta Paga, alla voce Ricordi, ho raccontato come si riscuoteva il salario e come ho conosciuto la mancanza di rispetto verso i lavoratori. Ma ho anche conosciuto due vecchi operai ai quali promisi che mi sarei dedicato alla sicurezza e ai diritti dei lavoratori e quella stretta di mano non me la sono più dimenticata.

Vicende legate al fallimento del saponificio, mi fecero entrare nel settore odontoiatrico, in una fabbrica che produceva articoli monouso e piccole attrezzature per gli studi dentistici, settore che tutt'oggi conservo, anche se in una fabbrica vicentina.

Nel lavoro niente è stato facile, anzi, tutto quello che è venuto è stato strappato con i denti ed oggi, a dire il vero, non posso lamentarmi. Ho un ottimo lavoro, in un'ottima azienda e con un'ottima proprietà. Certo, c'è ancora molto da lavorare, ma certe sensibilità verso i lavoratori ci sono e questo fa sperare di poter raggiungere quei traguardi del lavoro verso la persona, che sono il sogno della mia vita. Se si raggiungerà questo traguardo, vorrà dire che è possibile estenderlo anche in altri ambiti ed è per questo che ad un certo punto della mia vita,  a 58 anni, ho deciso di prendermi la laurea in sociologia, ad Urbino. Ritenevo che mi mancasse qualcosa. Avevo necessità di sapere, conoscere, aprirmi ad esperienze nuove e incontrare giovani, che mi chiamavano papà; mi è  servito a non chiudermi nei consueti " ai miei tempi"..." una volta si faceva.." ecc. Il confronto con giovani di ogni età, di ogni estrazione sociale e di culture diverse mi è servito per non invecchiare precocemente a causa della superbia dell'esperienza. Ma ho conosciuto anche il crimine peggiore della mia vita, la precarietà dei giovani; la stupidità di perdere una generazione di giovani meravigliosi per incompetenza politica, per disinteresse e incapacità. Ho conosciuto una rabbia inespressa, trasformata  in scoraggiamento e poi in rassegnazione, fino quasi all'indifferenza.

Non mi sono mai dimenticato dei miei due vecchi operai, ma non voglio dimenticarmi dei tanti giovani abbandonati dalla politica e, per quel che mi è possibile, scriverò all'infinito sui diritti dei lavoratori, sulle esigenze dei giovani e sui doveri dei politici e dei sindacati, affinché si ricordino che una vera politica sociale si ottiene solo con un forte movimento sociale. Nel mio piccolo vorrei distruggere l'indifferenza e lo scoraggiamento. E' per questo che ho creato il mio blog. E ogni giorno, quando vedo aumentare le visite, le considero come una piccola vittoria; come se aumentassero i giovani , le donne e gli uomini in quell'esercito di lavoratori, impiegati  e precari che sentono la necessità di unirsi nel comune obiettivo di ottenere una società equa e con un lavoro dignitoso per tutti. Questo è il progetto del mio blog. Questa è la mia utopia! E, come ricordava Victor Hugo, l'utopia è la verità di domani.

Tutto questo non lo avrei mai potuto fare se non avessi avuto la spinta, forte, affettuosa e amorevole di mia moglie e di mio figlio, sia per la laurea che per il blog. Mia moglie, paziente per le mie assenze, anche quando sono in casa; mio figlio, che da Londra mi segue costantemente e non disdegna di propinare suggerimenti e critiche ad un padre ancora in fase di maturazione.