lunedì 7 febbraio 2011

L'INDUSTRIA E L'UNIVERSITA'

Nel libro di Gallino, La scomparsa dell'Italia industriale, l'autore lamenta come la politica, attraverso scelte economiche, politiche e strategiche dissennate abbia fatto scomparire dall'Italia industrie di grande prestigio internazionale operanti in settori di eccellenza, come l'aviazione civile, la chimica e l'elettronica, non dimenticandosi certo di dividere tale privilegio con una pletora di manager incapaci e asserviti alla politica. Tutto questo, però, pone il nostro paese, nella posizione di  diventare una sorta di colonia, destinata ad essere subordinata ai paesi in cui hanno sede le grandi aziende che decidessero di posizionare da noi le loro filiali, in quanto tutte le  decisioni, in merito ai livelli di occupazione, alle condizioni di lavoro ecc. sarebbero prese altrove. Inoltre ritiene che solo la grande industria ha i mezzi per investire in brevetti. 

Tutto ciò è vero. Ma se siamo la settima o l'ottava potenza economica non lo si deve certo alla grande industria, ma ad una quantità di piccole e medie industrie, che hanno avuto il merito di assorbire i lavoratori disoccupati della grande industria, salvando il capitale di esperienza di tutti quei professionisti e/o lavoratori maturati all'interno di aziende d'eccellenza. Ciò ha concorso a formare i dirigenti e gli operai della PMI. Indubbiamente lo si deve deve ai suoi imprenditori geniali, che conquistano continuamente segmenti di mercato nuovi; lo si deve alle loro capacità innovative e ad un'ottima ricerca e sviluppo, che per adesso ha contrastato la grande industria; soprattutto lo si deve al loro spirito imprenditoriale, perché sanno di dover contare solo su se stessi ed è questo che li porta all'eccellenza e poco importa che sia negli occhiali, nel vino, nell'olio, nei prodotti di articoli odontoiatrici, nella nutella o nei luna park. 

Siamo consapevoli che la quantità di brevetti in Italia è molto bassa e che necessitano capitali che le PMI, singolarmente, non possono permettersi ed è per ciò che saranno necessarie strategie diverse, in cui siano coinvolte tutte le imprese, le università, le associazioni di categoria e, soprattutto, una politica del lavoro che si concentri allo sviluppo della particolare cultura industriale italiana. Si dovranno avvicinare le università al mondo delle imprese e si dovranno costruire associazioni di studio finanziate da ogni impresa, ognuna per la propria parte, e da investimenti statali miranti alla ricerca, cercando di sfruttare le capacità dei nostri giovani laureandi e laureati, creando loro possibilità lavorative di alto livello, così da frenare l'emorragia di "cervelli in fuga". Le università dovranno creare centri di studio, finanziati da soldi pubblici e privati, in cui lavoreranno a progetti di utilità industriale; dovranno sviluppare sia ricerca autonoma che su commissione. Saranno centri in cui le imprese potranno attingere le novità che l'università ha sviluppato. Ogni regione, ogni provincia avrà l'utilità a sviluppare sempre di più la loro università; avrà interesse affinché si raggiunga una sempre maggiore specializzazione e grado di eccellenza, costruendo per i giovani laureati posti di lavoro di alta qualità. Certo, si dovranno stabilire le regole di gestione di questi centri, chi li dovrebbe dirigere, quale dovrebbe essere il grado di partecipazione pubblica e privata; come dovrebbe essere gestito un eventuale brevetto o sviluppo di prodotto; d'altronde questi centri di ricerca devono avere i soldi necessari per lavorare, per cui l'eventuale cessione di utilizzo di  un brevetto o di uno sviluppo di prodotto dovrebbe procurare il denaro necessario al suo mantenimento. Questi centri non dovrebbero essere indirizzati esclusivamente al mondo delle imprese, ma dovrebbero riguardare la medicina, la scuola, l'urbanizzazione, il risanamento ecologico e così via.  Ci sono già centri, si veda l'università di Padova, che stanno operando con le imprese, ma sono limitati, sia in quantità che in settori di specializzazione.  Quello che noi pensiamo è un progetto in cui siano coinvolte tutte le regioni, province, comuni, associazioni e imprese, nel comune intento di fare una ricerca, per ogni settore di specializzazione. Che ci sia un effettivo Ministero della Ricerca e dello Sviluppo, che si prodighi a costruire questi centri, che trovi soluzioni di coinvolgimento università-mondo del lavoro, che indirizzi i settori di ricerca, che trovi i sistemi migliori per far funzionare finanziamenti pubblici e privati; che crei le garanzie e gli strumenti affinché in questi centri sia un vero valore al "meritocrazia". Insomma, dovremo fare sistema  e utilizzare le nostre genialità per controbattere alla grande industria. Le teste le abbiamo, basta non farle scappare, adesso serve l'impegno. 

D'altronde non è sperabile che le PMI, da sole, possano ancora mantenere il passo con le grandi industrie, per cui è doveroso, in un prossimo futuro, che il lavoro e l'università, trovino un sistema di intese che concentri le nostre giovani menti allo sviluppo Italia.




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