sabato 12 febbraio 2011

LA GLOBALIZZAZIONE E I "NUOVI SCHIAVI"

Si legge in Gallino "la flessibilità è figlia primogenita della globalizzazione [...]  Essendo elemento centrale della globalizzazione, il superamento della flessibilità dell'occupazione e della precarietà ad essa collegata è un problema che potrà venire affrontato soltanto con una politica del lavoro globale [...] attraverso leggi e accordi internazionali".

Non possiamo esimerci dal constatare quali effetti perversi possa avere la nuova economia globale o una finanza senza scrupoli e incontrollata e, soprattutto, gli investimenti mirati allo sfruttamento. Noi ci preoccupiamo dei nostri giovani o meno giovani colpiti dalla precarietà, delle loro ansie, dell'incertezza di crearsi un futuro, una famiglia, una vita, ma non possiamo pensare di risolvere i problemi se non guardando anche al nostro vicino globale, soprattutto se a questi viene "estirpata la vita".

Molto toccante e scioccante è il testo di Kevin Bales "I nuovi schiavi" edito da Feltrinelli e del quale riporteremo degli stralci, con l'ambizioso desiderio di coinvolgere più persone possibili a leggerlo.

Scrive Bales "Tre sono i fattori che hanno provocato il passaggio a una schiavitù di tipo nuovo e la trasformazione di quella tradizionale. 1) L'esplosione demografica, che ha inondato di milioni di individui poveri e vulnerabili i mercati del lavoro mondiali. 2) La rivoluzione della globalizzazione economica e della modernizzazione dell'agricoltura, che ha spossessato i contadini poveri, esponendoli al pericolo della schiavitù. 3) Il caos di avidità, violenza e corruzione prodotto dal cambiamento economico in molti paesi in via di sviluppo, un cambiamento che sta distruggendo le regole sociali e i tradizionali vincoli di responsabilità che avrebbero potuto fungere da protezione nei confronti dei potenziali schiavi.


Oggi, nel mondo, le condizioni sono favorevoli alla schiavitù, facendola evolvere e trasformare, esplodendo ogni volta che se ne verificano le cause e i due elementi fondamentali, il profitto e la violenza, combinate insieme con i fattori sopra esposti, fanno emergere i nuovi tip di schiavitù.


Anche in europa, nel periodo della Rivoluzione industriale, si ebbe un'esplosione demografica e un sovvertimento e ciò rese liberi alcuni esseri umani, mentre altri furono utilizzati come merce di poco conto, quasi "usa e getta". La stessa cosa sta succedendo oggi nei paesi in via di sviluppo.  


L'impresa globale, a causa di una concorrenza sleale, perché basata sullo sfruttamento di condizioni non eticamente e socialmente corrette, è obbligata a utilizzare materie prime sempre meno costose o affidare le varie lavorazioni a mano d'opera più a buon mercato, per cui si spostano in paesi dove ciò gli è permesso, creando un circolo vizioso che sempre più si fa sprofondare a condizioni di lavoro indegne. La  "morale dello struzzo" delle imprese che si sentono portatrici di benessere nei paesi in via di sviluppo non consente loro di vedere le reali condizioni causate. In India, ad esempio, "ci sono tra i 65 e i 100 milioni di bambini in età inferiore ai quattordici anni che lavorano otto ore al giorno [...] Ma c'è di peggio: circa 15 milioni di questi bambini non sono operai, bensì schiavi. E i bambini schiavi sono meno visibili; prigionieri della schiavitù da debito". Eppure esistono casi, come la Gap o la Nike, che dietro la pressione di un pubblico consapevole, hanno rivisto le loro posizioni, ma è necessario anche l'intervento dei Governi o di ogni tipo di istituzione responsabile. I beni  e servizi prodotti da schiavi affluiscono sui mercati e fanno parte, anche se in piccola parte, di ciò che compriamo. Dobbiamo diventare consapevoli in che misura partecipiamo a sradicare la schiavitù, o in che misura, attraverso la "morale dello struzzo" si vuole far finta di non sapere perché, in qualche modo, ci conviene.


Bales illustra in modo chiaro, seppur drammatico, la combinazione di fattori che hanno fatto aumentare la schiavitù in diversi paesi in via di sviluppo "Sviluppo significa che i valori che dominano le economie occidentali sono stati inoculati nei paesi in via di sviluppo. L'idea che il profitto si giustifichi da se, che il successo sia l'anticamera della rispettabilità, porta a sviluppare nuove imprese e di conseguenza a ignorare il costo umano [...] Quando chi governa si mette a dare la caccia all'immensa ricchezza potenziale dell'economia globale, l'ordine pubblico va in pezzi [...] Non c'è paese che non conosca una qualche forma di corruzione [...] Le strutture di potere esistenti vengono sovvertite ed esplodono le lotte per riempire il vuoto di potere. Economie un tempo stabili, anche se povere, vengono rimpiazzate da uno sviluppo selvaggio e dallo sfruttamento. E [...] in assenza di legge, l'avidità può prevalere sui diritti umani".



Prima di ogni lotta, sanzione o campagna per l'abolizione della schiavitù, diventa necessario diventare consapevoli che i "diritti umani sono preminenti rispetto ai diritti di proprietà"; e che la "libertà degli esseri umani viene prima del libero scambio delle merci" e, soprattutto, dobbiamo renderci conto, per capirne la gravità, che lo "schiavo non è altro che un merce". Ricordiamo perfettamente quanto siano state efficaci le sanzioni contro il Sudafrica per combattere l'apartheid e ci meraviglia che organizzazioni come il Wto e il Fondo monetario internazionale, che hanno il controllo di governi, affari e industrie di tutto il mondo non facciano niente in favore dei diritti umani, tanto da far scrivere a Greider" I termini di scambio sono di solito concepiti come accordi commerciali, eppure sono anche un'implicita dichiarazione di valori morali. Nei termini attuali, il sistema globale privilegia la proprietà a scapito della vita umana. Quando una nazione come la Cina saccheggia la proprietà del capitale, rapinando i diritti d'autore, film o tecnologie, gli altri paesi si mobilitano per impedirle di continuare e sono pronti a imporre sanzioni e pene pecuniarie sugli scambi commerciali del paese trasgressore. Quando a essere rapinate sono le vite umane...ai trasgressori non succede niente perché, in base al senso di coscienza del libero mercato, il reato non sussiste".


Magari è più facile che Stati e imprese vengano puniti per aver "falsificato un cd di Michael Jackson che per aver impiegato manodopera schiava". E' necessario che ognuno di noi prenda parte alla lotta contro la schiavitù, che ci sia una mobilitazione generale per obbligare Stati e Governi ad emanare leggi adeguate e controlli ferrei e, se necessario, a prendere provvedimenti forti nei confronti dei trasgressori, anche se ciò toglierà dai nostri mercati prodotti o servizi di cui facciamo uso, perché, come ci ricorda Bales "gli schiavi dei paesi in via di sviluppo sono disposti a tutto pur di ottenere la libertà, ma da soli non possono farcela. Divideranno con noi il loro sapere e la loro forza, ma noi dobbiamo dividere con loro le nostre risorse e il nostro potere. In caso diverso, ciò che chiamiamo 'mondo libero' continuerà a nutrirsi di schiavitù".



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