domenica 6 febbraio 2011

LA SICUREZZA E' UN COSTO?

Spesso ci si  confronta con colleghi e/o piccoli imprenditori i quali si lamentano dell'eccessivo costo della sicurezza, delle pene introdotte per la sua mancata applicazione, delle responsabilità , anche penali, estese anche ai  preposti, qualora non si attivino in modo adeguato o non siano solerti nell'applicazione, tutela, mantenimento e controllo delle sicurezze in ogni ambito lavorativo. Spesso contrappongono, come motivo di esagerazione, il 'niente' di prima e il 'tutto' di adesso. Soprattutto il 'tutto immediato' di adesso.  Ritenendo le attuali norme 'esagerate' e 'limitative' in termini di produttività, come elemento di crescita dei costi e, fondamentalmente, come un aggravio di responsabilità.


Sull'aggravio di responsabilità non ci sono dubbi, ma non dovrebbe essere ritenuto tale, visto che chi lavora lo fa per guadagnarsi da vivere e non per rischiare parti del corpo o la vita stessa. Per cui il compito dei preposti dovrebbe essere quello di cogestire il lavoro con i propri subalterni e di renderlo fluido e libero da ogni rischio possibile.  Per quanto riguarda la limitazione alla produttività, argomento sostenuto in particolar modo dai responsabili di produzione, lo si ritiene fuori posto, perché basterebbe fare o trasformare le macchine e/o attrezzature in macchine e attrezzature 'intelligenti'. Per quanto concerne l'aumento dei costi all'inserimento delle protezioni, di qualsiasi genere si tratti, dovremmo contrapporle ai costi sociali causati dagli incidenti. Quando al mio datore di lavoro fu fatto rilevare che non valeva la pena fare certi lavori di protezione, perché ci saremmo spostati su un sito produttivo nuovo entro pochi mesi, rispose che i lavoratori venivano nella sua azienda per guadagnarsi lo stipendio e non per farsi male.


Una cartiera lucchese, che fa parte di una grossa multinazionale, stabilisce ogni anno un premio per tutti i dipendenti del valore di una mensilità (variabile in più o meno a seconda del raggiungimento, fatto 100 il valore della mensilità). Un target da raggiungere e sul quale la cartiera poggia gran parte dell'entità del premio è sulla sicurezza: ridurre gli infortuni, fino allo zero, intervenendo e suggerendo continuamente miglioramenti in tal senso. Addirittura ha stabilito premi particolari alle migliori idee in termini di risoluzioni dei rischi.


Nelle medie e piccole imprese, in generale, non solo non è argomento del premio finale, sempre che ci sia, ma lo si considera quasi sempre come un costo supplementare. Adesso, che le normative si sono fatte molto stringenti, viene recepito come una forzatura e non è infrequente sentir dire che non è possibile fare la concorrenza a paesi dove queste norme non sanno neanche che esistano. Ma la cosa peggiore, e sarebbe negare la verità, è che ostacoli o limiti alla sicurezza siano causati anche dai lavoratori. Il fatto di rimuovere le protezioni alle macchine per poter lavorare meglio, oppure il mancato utilizzo degli indumenti di protezione, si vedano le scarpe antinfortunistiche o le cinture di sicurezza, per gli addetti che operano sui ponteggi, magari dopo aver avuto cura di installare il cartello delle norme di sicurezza alla base degli stessi, sono , spesso, prese alla leggera e, molto spesso, tollerate da chi avrebbe la responsabilità di verificarne l'utilizzo.


Forse è perché nel 1974 chi scrive ha fatto 25 giorni di ospedale per un'ustione causata dalla pece bollente, a causa di un impianto verso il quale la parola 'sicurezza 'aveva lo stesso effetto dell'acqua santa con il diavolo; forse perché tre anni dopo ha visto sparire in una cartiera un operaio dentro la vasca che triturava la carta da macero; forse perché ha vissuto e visto un'infinità di incidenti e tutti causati da "mancanza di sicurezze", anche le più elementari, che trova assurdo considerare la sicurezza un costo. Per l'incidente della pece bollente sarebbe bastato un manometro per segnalare la presenza della pressione, che oggi potrà costare qualche euro; oppure, nel caso dell'operaio della cartiera, sarebbe stato sufficiente una ringhiera di economicissimo ferro, alta 1 metro e sullla porta di accesso un sensore di controllo che ne bloccasse l'apertura o spegnesse il macchinario. . 


Durante un sopralluogo presso un fornitore, si fece notare al responsabile di produzione che era pericoloso far lavorare l'operaio alla pressa con la protezione dello stampo aperta. Ci rispose che non c'erano problemi in quanto per movimentare la pressa era necessario utilizzare entrambe le mani (c'erano due comandi da premere contemporaneamente) e la protezione rimossa facilitava l'estrazione del pezzo sagomato. In seguito, si venne a sapere che quell'operaio si era tranciato un dito; uno di quelli che utilizzava per  togliere il pezzo dallo stampo. E' indubbio che se ciò è successo è anche causa di una manomissione effettuata dall'operaio, come tentava di discolparsi il responsabile, ma se non gli avesse concesso di tenere aperta la protezione, anzi e non solo, se avesse provveduto anche a fare uno stampo intelligente e cioè con 'un'espulsione intelligente' del particolare sagomato, senza farci mettere le mani, non avrebbe subito le giuste conseguenze e l'operaio avrebbe ancora il suo dito. 


Gli esempi sopra riportati sono specifici, forse banali, ma con conseguenze terribili, e ciò che rende assurdo e intollerabile è che la sicurezza sia resa banale. Sicurezza non è solo proteggere le macchine in modo  che non possano arrecare danni; sicurezza è soprattutto informare il personale sui pericoli; sensibilizzarli alla necessità di indossare l'abbigliamento idoneo; è creare un ambiente sensibile alla sicurezza. Sensibilizzare i lavoratori alla sicurezza vuol dire anche che debbono avere il "potere" di rifiutarsi di fare un lavoro o manutenzione "ritenuta pericolosa", fino a quando i termini di tale pericolo non sono stati adeguatamente rimossi e verificati dal responsabile,dalla proprietà e dai rappersentanti sindacali o dei lavoratori. Se ciò non diventa una regolare prassi, si instaura un tacito e "maledetto" accordo fra la "tolleranza alla sicurezza" e una maggiore produzione o un risparmio sulla manutenzione, e, molto spesso, il lavoratore non ha mezzi o potere per fare diversamente, per cui sottovaluta l'effettivo rischio e decide di sottostare a certe condizioni piuttosto che rischiare il lavoro. Ora, siccome il lavoro è un diritto di ogni lavoratore, ma non può avere lo stesso valore di una mano, di un occhio o della vita, è legittimo che il "rifiuto" a un lavoro pericoloso diventi un "diritto del lavoratore". Questo "diritto", a nostro avviso, varrebbe molto di più che decine di leggi o leggine in merito. Se due operai entrano dentro un silos per la pulizia, ci deve essere almeno un terzo per il controllo dei due che sono dentro e deve essere approntato un sistema di evacuazione rapida in caso di necessità, pur ritenendo quest'ultima un'estrema eventualità, se si sono prese le normali precauzioni alla manutenzione da effettuare. Ciò che è veramente pericoloso è la superficialità al pericolo: spesso si tende a ritenere eccessive certe precauzioni, visto " che si è sempre fatto e non è mai successo niente". Ciò che non succede in dieci anni, purtroppo,succede in un minuto e questo dovrebbe essere il pensiero costante di chi è preposto alla sicurezza.


Se la sicurezza è 'sempre un argomento' e viene, quindi, controllata e aggiornata, non è un costo, anzi, è un sistema di miglioramento di vita aziendale. La sicurezza è un costo quando non c'è; quando è necessario inserirla dove non c'è mai stata e quindi mai progettata. 


Con il termine sicurezza non si intende solo protezioni, ringhiere, elmetti, scarpe antinfortunistiche, semafori o altro, ma sicurezza è anche creare un ambiente vivibile. Se si hanno le protezioni alle macchine, ma si lavora in un ambiente con 50°C, la causa dei rischi è diversa, ma c'è. Sicurezza è anche rimuovere le cause di stress.


La sicurezza è una cultura che dovrà entrare sempre più nelle imprese, anche le più piccole, anzi dovrà essere un elemento di vanto, per le aziende, dire di non avere incidenti sul lavoro e un ambiente vivibile. Per altro è veramente assurdo che la sicurezza in generale, prima ancora che sul lavoro, non sia materia di insegnamento, non fosse altro che per la enorme quantità di giovani morti sulle strade, per gli incidenti nelle case o nei lavori del fai-da-te casalinghi.





















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