sabato 19 febbraio 2011

IL GIUDIZIO DEI NUMERI

E' passato qualche giorno dalla conferenza stampa nella quale il premier e il ministro dell'economia tentavano di presentare un resoconto positivo della politica economica degli ultimi  due anni. In almeno tre o quattro interviste televisive, il ministro Sacconi decantava l'operato dell'Italia nel campo dell'occupazione, evidenziando come il nostro tasso di disoccupazione fosse al di sotto della media europea. Ed è ancora fresca la presentazione del futuro progetto di Termini Imerese, in cui sette progetti industriali approvati dovrebbero installarsi nell'attuale sede della Fiat, quando a fine anno cesserà la produzione. In termini occupazionali i posti di lavoro dovrebbero, condizionale obbligatorio, passare dagli attuali 1.500  a circa 3.300. L'investimento complessivo dovrebbe essere di oltre un miliardo, con 650 milioni di euro  attesi da aziende private e 350 milioni  da soggetti pubblici coinvolti. I sindacati , tutti, hanno espresso prudente soddisfazione e la Cgil ha aggiunto che esprimerà un giudizio quando ci sarà un piano chiaro. Comunque sia, è un progetto che avrà tempi di realizzo diluiti in 3 anni. Oggi è un tempo molto lungo, specialmente se a fronte dell'attesa di una spinta alla ripresa economica si promette di abolire degli articoli della Costituzione, il Pil e la Costituzione non sono la stessa cosa . Vogliamo solo sperare che non sia una manovra politica per tentare di accrescere consensi, perché i dati Ocse, e non i corvi o menagrami, ci presentano una situazione disastrosa.

Nel quarto trimestre del 2010 rallenta la crescita economica dei Paesi Ocse (Pil): da un + o,6 del trimestre precedente ad un + 0,4. In Italia si passa da + 0,3 a + 0,1, restando ben al di sotto della media europea.
Se ci raffrontiamo al 2009, nel G7 la crescita più alta è quella  registrata in Germania (+ 4%) e la più  bassa in Italia (+1,3%). crescita in frenata.

Oltre ai dati relativi alla crescita economica è importante  anche estrapolare dei dati significativi, che se comparati con i precedenti, fanno capire quanto sia enorme la sproporzione da ciò che si è presentato come positivo a ciò che in realtà appare. Di seguito i dati sono relativi solo all'Italia ( Ocse 03/02/2011) dati Ocse 

Tasso di disoccupazione: 2009 (8,6%) - 2010 (8,6%). Rimane stabile, mentre nei paesi Ocse scende di 0,1%
Disoccupazione giovanile (15-24 anni): 2009 (25,4%) - 2010 (29%). Fra i Paesi Ocse abbiamo solo quattro paesi che hanno una situazione peggiore della nostra.
Tasso di occupati sul totale della forza-lavoro (uomini): 57,5% Solo l'Ungheria e il Cile hanno una situazione peggiore.
Tasso di occupati sul totale della forza-lavoro (donne): 46,4% Solo Cile, Messico e Turchia hanno una situazione peggiore. (11% in meno degli uomini!)
Disoccupazione di lungo termine: 44,4% Solo il Cile è dietro all'Italia.
Ore per lavoratore (anno): 1.773,4 Più dell'Italia Rep. Ceca, Grecia, Ungheria, Polonia e Messico. Abbiamo superato anche gli Usa.

Se incrociamo i dati relativi alla crescita economica con quelli successivi, appare evidente una situazione che sarebbe un eufemismo dire che è allarmante. Soprattutto se ogni ipotesi di politica economica è stata rimandata al 2012; se il ministro dell'economia si ritiene soddisfatto di come sono stati tenuti i conti; se non si interviene rapidamente a creare lavoro. In questa fase è necessario che le parti sociali facciano un patto forte per concorrere insieme a oltrepassare la crisi, dandosi un tempo di verifica a crisi risolta. Ciò non vuol dire che i lavoratori debbano rinunciare ai loro diritti. Anzi, semmai il contrario. Non è il tempo di azioni strategiche per la conquista egemonica dell'uno sull'altro, ma è necessario che ci sia una stretta collaborazione fra impresa, sindacato e operai. L'impresa deve rendersi conto che la forza-lavoro, in questo momento, è la risorsa maggiore per risolvere la crisi; tanto più se gli viene richiesta la partecipazione. L'impresa deve capire che oggi è determinante che il sindacato sia parte attiva all'interno della stessa. E il sindacato dovrà avere la forza di cambiarsi d'abito e co-gestire l'impresa  ( Germania docet). Le modalità si trovano e, magari, si affineranno, ma adesso è emergenza. 

Certo, servirebbe una classe politica preparata e interessata al Paese; un vero Governo del fare, che dicesse la verità e cominciasse a studiare lucide strategie di politica economica; che diventasse prioritaria la vita delle persone; che desse slancio alla piccola e media impresa, che nelle situazioni di crisi hanno sempre trovato le soluzioni migliori. Soprattutto sarebbe necessario che il Governo governasse per la gente, ma questa è un'altra storia.









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