mercoledì 9 febbraio 2011

LE IMPRESE E IL LAVORO FLESSIBILE

I due scopi principali per cui, da parte delle imprese, si è fatta pressante la richiesta di lavoro flessibile riguarda la riduzione del costo diretto e indiretto del lavoro per reggere alla competizione internazionale e l'adattabilità dell'azienda al comportamento di tutte le altre aziende, a monte e a valle, della stessa, in termini di commesse, ordinativi, forniture, consegne  e prezzi, considerando che ormai c'è come una connessione indivisibile con tutte le altre aziende.

La riduzione del costo del lavoro viene perseguita attraverso, o applicando alla concezione stessa della forza-lavoro, un paio d principi di gestione aziendale. Il primo principio di ristrutturazione è il just-in-time, cioè la materie prime, i semilavorati e i servizi di supporto arrivano alla produzione al momento preciso in cui servono per essere utilizzati. Ciò ha permesso l'eliminazione degli stoccaggi e dei grossi magazzini, riducendo enormemente gli spazi rispetto alle fabbriche taylor-fordiste, quindi riducendo le superfici adibite, la movimentazione dei materiali e e le persone che vi erano adibite.

Il secondo principio di ristrutturazione riguarda la produzione solo su domanda. All'epoca delle fabbriche taylor-fordiste si facevano piani di vendita e su questi si impostavano i piani di produzione, che venivano rivisti ogni tre-sei mesi. Oggi le previsioni di mercato si basano soprattutto sulle quantità e non sui modelli di prodotto, per cui si fanno delle possibili stime dallo storico venduto l'anno prima, come base di partenza, ma la produzione effettiva avviene maggiormente su commessa e comunque la vita dell'azienda è legata non più alla produzione ma al suo valore finanziario. 

Sia il primo che il secondo principio di ristrutturazione sono resi possibili dalle tecnologie dell'informazione, in quanto permettono di raccogliere in tempo reale gli ordini, che saranno trasformati rapidamente in ordini ai fornitori e in commesse di produzione.

Visto il successo di questi due principi, nelle aziende si è  fatta strada l'idea di applicarli anche alla forza-lavoro. Viene regolata la forza-lavoro in modo tale che le prestazioni siano erogate, quindi pagate, solo se  necessarie ed effettivamente utilizzate. Il lavoratore flessibile è colui che viene occupato solo a fronte d'una domanda effettiva, giusto per quel tempo e pagato solo per quel tempo.

La fabbrica snella è divenuta così snella nell'economia finanziaria per cui anche l'occupazione di risorse umane è un sovrappeso. E' dall'inflessibile perseguimento delle aziende all'imperativo di non assumere che nascono i lavori flessibili, la miriade di lavori irregolari e i lavoratori autonomi che, di fatto, sono dei dipendenti. La richiesta  della flessibilità dell'occupazione, combinata con la flessibilità della prestazione, è sempre richiesta dal fatto che la produzione di beni e servizi è stata scomposta, riorganizzata e ridistribuita in tutto il mondo su scala globale. Ogni funzione della produzione, dalla ricerca e sviluppo alla progettazione, dall'acquisto di materie prime e semilavorati all'assemblaggio, dal confezionamento al trasporto ecc. può essere distribuito in ogni parte del mondo e non è più necessario che sia parte integrante dell'azienda. La frammentazione funzionale e spaziale del processo produttivo è stata perseguita per diversi motivi: innanzi tutto per mettere in difficoltà i sindacati, in quanto, essendo le unità produttive piccole e distanziate, è difficile poter organizzare i lavoratori e creare una reale opposizione nei confronti delle direzioni per qualsiasi aspetto delle condizioni di lavoro; se le componenti della catena produttiva sono di dimensioni piccole è più facile valutarne i risultati sotto il profilo industriale; vi è più facilità nella sostituzione di una piccola entità nel caso di non rispondenza agli standard qualitativi, delle consegna o del mantenimento dei prezzi; è più facile reperire mano d'opera locale, a minor prezzo, senza limiti d'orario, agevolazioni fiscali e doganali, magari con presenza sindacale imitata o assente; infine, ma non per importanza, la facilità di nascondere l'effettivo imponibile della capogruppo attraverso sistemi di ingegneria fiscale.

Attraverso questo sistema a rete si distribuisce il rischio di impresa, cioè ognuna delle piccole aziende deve avere la capacità di adattarsi rapidamente alle necessità delle altre aziende con cui è collegata. E' per questo che la flessibilità della produzione tende a diventare per ogni impresa una necessità. La sempre maggior difficoltà a pianificare le vendite, quindi ad avere certezze di produzione, obbliga queste aziende a richiedere sempre più lavori flessibili e ad assumere sempre meno. In pratica dividendo e suddividendo sempre di più le funzioni produttive, ogni azienda della rete scarica sulle altre la gestione e le conseguenze della flessibilità produttiva, per cui tutte le imprese fanno il possibile per mantenersi il minimo di lavoratori e utilizzare quelli eventualmente utili per il tempo strettamente necessario, utilizzando sempre più flessibilità occupazionale e flessibilità prestazionale.

Le aziende, attraverso i lavori flessibili, non si pongono sempre meno il problema di reagire alla variabilità del mercato attraverso le innovazioni del prodotto o del processo produttivo, o rinnovando le strategie di mercato o aumentando gli investimenti in ricerca e sviluppo, ma gettano sulle spalle dei dipendenti gli effetti di tale variabilità, creando quello stato d'ansia e di incertezza di chi sa che con il lavoro flessibile devi sempre ripartire da zero. Senza considerare che la flessibilità del lavoro permette la frammentazione delle classi lavoratrici, con la conseguente frammentazione e indebolimento delle rappresentanze sindacali. Naturalmente le donne, come sempre, sono quelle che maggiormente sono penalizzate dalle crescenti richieste di lavoro flessibile.

Un'altra conseguenza del alvoro flessibile è la riduzione del lavoro stabile e ben retribuito a sole poche ed elette persone, intorno alle quali ruotano i tre quarti di lavoratori temporanei, precari o in affitto, rendendo poco credibile il fatto che il lavoro flessibile sia l'anticamera di un futuro lavoro a tempo indeterminato. Come poco credibile è l'attribuzione al lavoro flessibile di finalità di sviluppo.

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