venerdì 4 marzo 2011

A RUOTA LIBERA: pensieri attorcigliati

Per una volta vogliamo scrivere spunti di riflessione, in modo disordinato, senza nessun legame fra gli argomenti e senza doverli supportare con dati o prove o link di sostegno, ma solo scriverli. Come se fossero calzini su una tipica bancarella di un mercato rionale, dove ognuno rovista alla ricerca della giusta taglia, del giusto colore e della forma desiderata, fino a che non si trovano quelli che più ci aggradano, sempre che li si voglia comprare.

Sul Sole 24 ore abbiamo letto l'articolo di Jeffrey D. Sachs, Necessità vs. avidità, che consigliamo per la sua intensa e lucida drammaticità, e vogliamo estrapolarne due passaggi significativi: nel primo riportiamo una delle frasi più note del Mohandas Gandhi: "La Terra produce abbastanza per soddisfare i bisogni di ognuno, ma non per soddisfare l'avidità di tutti"; nel secondo, che fa seguito ad un'analisi della fine del nostro pianeta, qualora non si ponga un freno all'avidità economica :"Se a prevalere sarà l'avidità, il motore della crescita economica darà fondo alle nostre risorse, abbandonerà al proprio destino i poveri e ci spingerà in una profonda crisi economica, politica e sociale. L'alternativa è la strada della cooperazione politica e sociale, sia all'interno dei singoli paesi che a livello internazionale. Ci saranno risorse e prosperità a sufficienza per tutti se le economie passeranno alle fonti di energia rinnovabile, a pratiche agricole sostenibili e a una ragionevole tassazione delle classi agiate. Questa è la strada che conduce a una condivisione della prosperità, perseguibile con un incremento delle tecnologie, con la correttezza politica e la consapevolezza morale".


Consapevolezza morale che ha spinto il capitale ha diminuire costantemente, per il proprio arricchimento,  il valore-lavoro. L'Oil, Organizzazione Internazionale del Lavoro, nel suo Global Wage Report 2008/2009 Scrive che nel periodo 1995 - 2007 "per ogni punto di crescita del prodotto interno lordo pro capite a livello mondiale [...] i salari medi sono cresciuti solo dello 0,7 per cento. Il che vuol dire che i salari medi sono cresciuti meno della produttività". Per questa analisi ci avvaliamo del testo di Marco Panara, La malattia dell'occidente. Cosa vuol dire il differenziale di crescita fra salario e produttività: se nel 1983, fatto 100 il Pil complessivo dell'Italia, 77 andava al lavoro e 23 al capitale, nel 2005 la quota che è andata al lavoro è scesa a 69 e al capitale31. Negli altri paesi le differenze sono, in certi casi, anche  maggiori. Tutto questo sposta ricchezze epocali. Per renderci conto di quali cifre stiamo parlando, basti pensare che un 8% sul Pil italiano sono 140 miliardi di euro; 9% sul Pil francese  e giapponese sono, rispettivamente, 180 miliardi di euro e 390 miliardi di euro. Complessivamente sono circa 1.500-2.000 miliardi di euro che ogni anno, nei paesi industrializzati, vengono dirottati al capitale anziché a remunerare il lavoro. Inoltre si è accentuata sempre più la concentrazione di alti salari a una fascia sempre più ristretta di persone, per cui, come scrive l'autore: "E' come se il Pil fosse una fonte dalla quale sgorga una certa quantità d'acqua che subito si avvia per due ruscelli. Uno ( quello che va al capitale) aumenta ogni hanno la sua portata, mentre l'altro ( quello che va al lavoro) non solo vede diminuire la sua portata, ma una parte sempre maggiore dell'acqua si ferma in pozze che si sono formate in alto e solo quello che resta, che è sempre meno, scorre verso valle". 


Forse la cooperazione politica e sociale, caldeggiata da Sachs, la ritroviamo nel trattamento che riserviamo agli extracomunitari, che sono venuti nel nostro paese per farsi una vita migliore, incontrando, molto spesso, un ambiente ostile e razzista? Per molti, da utilizzare come strumenti usa e getta e, una volta inutilizzabili, da rispedire da dove sono venuti. Eppure il nostro paese ha emigranti in ogni angolo della terra: Usa, Canada, Brasile, Argentina, Australia, Francia, Germania, Inghilterra Olanda ecc. Anche loro hanno dovuto subire soprusi e violenze e quante storie ancora sono presenti nelle nostre memorie, mai dimenticate. E' proprio per ciò che troviamo assurdo il comportamento che viene riservato ai nostri extracomunitari, che, infondo, partecipano alla crescita del Pil, ma che il 13% di queste famiglie non può sempre permettersi un pasto proteico  ogni due giorni (una percentuale più che doppia rispetto alla media italiana).


Non certo la cooperazione la si trova in Marchionne, che dietro il ricatto di spostare la produzione in altre nazioni, ha ottenuto dal referendum un risicato 51 per cento all'applicazione dei nuovi contratti ed è preso dalla tentazione di stravincere. Adesso, al di là degli accordi con i sindacati firmatari, impone il nuovo sistema in tutte le fabbriche e tenta l'ultima scalata: alla Bertone. Forse vuole tentare di dare un'ultima spallata alla Fiom? Vuol tentare di delegittimarla?  Una regola fondamentale in diplomazia è quella di far uscire il vinto in modo dignitoso, e la storia insegna. Non ci sarà mai, e questo vale  per gli imprenditori, i sindacati e il Governo, una vera ripresa economica, estesa, solida e duratura se non si lavorerà per una effettiva partecipazione dei lavoratori all'impresa. La conflittualità sarà sempre sulla porta di casa.


Non certo si ritrova una cooperazione politica e sociale nell'attuale Governo, che si riempe la bocca di proclami, di successi inesistenti, di mancanza di strategie e politiche di sviluppo economico; ciò lo pone in una condizione di servilismo nei confronti di manager e imprenditori che con il ricatto di "dare lavoro", cosa che al primo non riesce, riescono a ottenere più del lecito, magari con il plauso del ministro di turno. Senza contare che è preso interamente a sistemare le questioni legali del suo Premier, più che interessarsi dei problemi reali del Paese, come ad esempio, gli operai della Vinyls e Eurocoop, ai quali il Ministro Romani aveva assicurato il suo impegno a risolvere i loro problemi. Gli operai sono in cima alla gru per protestare, ma il nostro ministro  è troppo indaffarato. Sotto certi aspetti la vicenda della Vinyls ci ricorda la strategia del nuovo progetto di Termini Imerese: chi doveva rilevare questa azienda avrebbe dovuto investire 100 milioni di euro ma, ad oggi, la società ha un capitale sociale di 10.000 euro. 


Nella palude della politica s'è impantanata anche l'etica, con ministri che non sanno chi gli ha pagato la casa in pieno centro a Roma; funzionari della Protezione civile indagati; deputati "comprati" per mantenere la maggioranza; il Presidente del consiglio che ha più processi pendenti che impegni di lavoro;  un parlamentare eletto nell'opposizione che adesso fa il sottosegretario nell'attuale governo (Calearo) e leghisti che vorrebbero prendere a colpi di mitra i libici in fuga o rinchiuderli in campi di lavoro, oppure, visto che adesso non ci servono più, rimbarcarli e spedirli a casa Ma ci consola che la Germania non sta meglio di noi, visto che un suo ministro si è dovuto dimettere per un crimine "odioso e gravissimo" che meriterebbe l'ergastolo: ha copiato una parte della tesi di dottorato! Quest'ultima, con quello che succede da noi, sembra una comica di Paolo Villaggio.


Da noi, il 38% degli italiani non ha un diploma, un ragazzo su quattro che esce dalle medie inferiori non sa veramente leggere, scrivere e fare i conti. Su 4,5 milioni di laureati (al di sotto della media europea) ci sono 6 milioni di analfabeti di ritorno; oltre al fatto che solo un italiano su quattro ha gli strumenti adatti per orientarsi nel mondo moderno. Ma tutto ciò non crea problemi urgenti per il Ministro dell'economia, visto che la cultura non fa mangiare. Allora ci viene il dubbio che giornali, scrittori, professori, economisti ecc. che chiedono ricerca e sviluppo per guardare al futuro siano solo i "corvi " di turno; infondo la ricerca e sviluppo la si può fare anche con il carrozziere, il falegname o il contadino nostro vicino. Infondo non c'è necessità di ingegneri, biologi, chimici , matematici, dottori o ricercatori in altri ambiti, che vadano pure in altri paesi. I nostri giovani sono in tutto paesi del mondo e da noi sono veramente pochi gli stranieri che vengono a lavorare o fare stage. Non è certo per paura delle raffiche di mitra della Lega, ma, purtroppo, per il basso livello di preparazione che offriamo. A noi bastano le nostre veline, i nostri programmi culturali del tipo il Milionario, il Trasformista, il quiz a premi, la notorietà immediata e il facile successo, eredità culturale di una certa classe politica.


Che dire delle donne, che, se non sono bellissime e giovanissime, non sembrano degne di futuro e attenzione? O dei giovani, sempre più disoccupati, sempre più precari, emarginati e non degni di avere un futuro e una vita da costruirsi? 


Ci sorge il dubbio che più che un attorcigliamento di pensieri stia diventando un reticolo, fitto, circolare, quasi un recinto... di filo spinato. 








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