domenica 30 ottobre 2011

Lavoro e futuro

Montanelli, riferendosi a Berlusconi, diceva: "Lui non ha idee, ha interessi". E la lettera di intenti inviata a Bruxelles ne è la riprova. Concordiamo con Libertà e Giustizia, quando scrive, con Arturo Meli che "Il Cavaliere sta cercando di sfruttare, in un crescendo propagandistico, il 'si ' di Bruxelles alla lettera di intenti del nostro governo". Il suo problema è sopravvivere e, attraverso lo scellerato patto con Bossi, al quale ha lasciato le pensioni di anzianità, tenta la carta delle elezioni anticipate di marzo, per poter votare ancora con la legge attuale in modo da nominare le proprie liste e "regolare i vari conti interni "  al partito.
Una lettera di intenti nella quale sembra che solo il lavoro e le pensioni siano l'unico problema del Paese e non l'evasione fiscale o l'economia sommersa o l'economia illegale o, ancora, la corruzione, tanto da sembrare la parodia del film di Roberto Benigni, Johnny Stecchino, quando, al suo arrivo a Palermo, l'autista elenca i mali della città nell'Etna, nella siccità e nel traffico, dimenticandosi della mafia.
Fino a ieri le pensioni erano il "vero" problema, oggi, invece, sul Corriere della Sera il ministro Sacconi dice che "L'Italia, al contrario di quanto alcuni hanno sostenuto, non è sotto osservazione per le pensioni, dove anzi il sistema è giudicato sostenibile, ma per il mercato del lavoro". Con la "norma dei licenziamenti per motivi economici, sempre per voce del ministro, " vogliamo dare più certezze , perché quando un'impresa si rattrappisce non c'è legge che possa garantire il posto di lavoro". Sinceramente non riusciamo a capire come riesca a farlo e, soprattutto, come faccia ad aumentare i posti di lavoro con questa legge. Facilitare il licenziamento per aumentare i posti di lavoro! Un geniale sistema per lavorare tutti, ma precari! Tanto è vero che da una simulazione effettuata dell'associazione Cgia di Mestre risulterebbe che se una normativa che rendesse più semplici i licenziamenti fosse stata applicata durante gli anni della crisi economica, il tasso di disoccupazione, in Italia, sarebbe salito all'11,1% contro l'8,2%, pari a 738mila persone in più senza lavoro.
Non è difficile concordare con Raffaella Cascioli, quando scrive su Europa.it :"La riforma del mercato del lavoro non può avvenire con una lettera di intenti [...] non tanto e non solo perché il premier, che vanta un triste primato nel contraddirsi e nell'essere contraddetto [...] quanto piuttosto quella riforma enunciata con una tesi tanto generica quanto volutamente indistinta nasconde il problema delle revisione degli ammortizzatori sociali oltre a quello di un'esplosione del contenzioso civile visto che se i licenziamenti collettivi sono concordati con i sindacati quelli individuali sono più restrittivi [...] I cosiddetti 'motivi economici' possono voler dire molte cose e non solo uno stato di crisi".
Com'è credibile un governo che sopravvive grazie alla disperazione di reggere a tutti i costi dei suoi due maggiori leader; che al suo interno il malumore cresce di giorno in giorno; che si regge, numericamente su Scilipoti e attraverso nomine profuse a piene mani; che ha appena strappato un "si" dall'Europa solo perché non poteva fare altrimenti per la crisi che sta attraversando e due giorni dopo il suo presidente del Consiglio dichiara che l'euro è una moneta "strana e attaccabile". Come possiamo credergli quando parla di modernizzare il lavoro? Sono venti anni che lo stanno modernizzando e i risultati sono davanti agli occhi di tutti. Ci chiediamo dove sia stato fino ad oggi il Governatore della Lombardia, quando dice che l'obiettivo dei licenziamenti facili non deve essere la macelleria sociale ma creare la flessibilità necessaria. Persino D'Antona ammise che di flessibilità ce n'era anche troppa e, per quanto concerne la macelleria sociale, crediamo che sia iniziata già da qualche anno.
Il massimo dell'ipocrisia e della dialettica da campagna elettorale, il nostro presidente del Consiglio, la raggiunge nella lettera inviata al Foglio nella quale scrive:"E se ora il governo si propone di intervenire sui contratti di lavoro, seguendo la strada indicata dal disegno di legge presentato dal senatore dell'opposizione Pietro Ichino, è solo per aumentare la competitività del Paese, aprire nuovi spazi occupazionali per le donne e i giovani, e garantire a chi perde il lavoro l'aiuto della cassa integrazione per trovare una nuova occupazione [...] Il lavoro è cambiato. Sono cambiati i bisogni e le aspettative sociali. Il lavoro socialmente tutelato ha le sue ragioni, ma gli investimenti in ricerca e in sviluppo, il rischio di impresa e il ruolo delle politiche pubbliche si misurano con la capacità di competere produttivamente in una dimensione infinitamente più grande e varia del passato, di rendere il lavoro un'utilità sociale di cui andare orgogliosi, una scala da salire per vedere meglio l'orizzonte, non un buco in cui ripararsi". 
Geniale la trovata di utilizzare il disegno di legge di Pietro Ichino come paravento futuro: sapendo delle difficoltà che avrebbero avuto, quale miglior sistema per dire che la sinistra e la Cgil stanno ostacolando addirittura una proposta della "loro parte"? Non pensava certamente che anche gli altri sindacati si sarebbero indignati. Poi ci chiediamo quale sia "l'orizzonte da vedere" visto che questi signori in diciotto anni non hanno fatto assolutamente niente per il lavoro, per la ricerca e lo sviluppo e per la scuola. Quale futuro allora? Ciò che non hanno fatto in tutti questi anni lo vorrebbero fare in diciotto mesi?
Talvolta sarebbero sufficienti piccole cose, ma con intenti onesti, per migliorare le cose e, forse, darebbero il giusto segnale di una volontà al cambiamento. Vi consigliamo la lettura dell'articolo di Daveri e Fumagalli su www.lavoce.it, Perché non sia una lettera a Babbo Natale, nel quale fanno  alcuni esempi di come intervenire realisticamente e rapidamente per combattere la precarietà, la necessità del sostegno ai redditi delle famiglie e, un paio di esempi per combattere l'evasione fiscale.
Per quanto si possa essere indignati, questo governo è stato eletto democraticamente e, sempre democraticamente, ha fatto disastri, che vanno riparati, se si vuole ancora che la barca galleggi. Il senatore Ichino ha presentato un disegno di legge,  per noi con alcune zone d'ombra, ma sul quale si può ragionare. Certo, ci piacerebbe vedere come si potrebbe applicare il concetto di flexsecurity alla  danese nel nostro Paese, ma sarebbe sciocco, a priori, dire no ad un disegno di legge che deve ancora essere discusso, approfondito e magari rivisto in certi punti. Chi propone è sempre soggetto a critiche, ma questo fa parte del gioco, specie se a criticare sono quelli che non propongono niente per mantenere uno stato di cose ormai sorpassato e inefficiente. Come dice il grande maestro, Zygmunt Bauman, siamo in una fase di interregno, nel quale le vecchie idee non sono state sostituite dalle nuove, creando uno stato di incertezza e di ansia per il futuro. Ai giovani l'onere di trovare nuovi traguardi e nuovi progetti di vita; ai meno giovani l'onere di affiancarli nella loro battaglia, scrollandosi dalle spalle la pesantezza delle vecchie esperienze.  Sta alla sinistra farsi carico di riunire le sue migliori menti, e le ha, per definire un progetto nel quale il lavoro torni centrale, dove le tutele siano estese a tutti, dove il welfare torni ad essere uno strumento importante e, soprattutto, che la società, finalmente, sia preminente al mercato. Necessario e impellente è la costruzione dei posti di lavoro, la valorizzazione dei giovani, la ricerca, affinché sia sulla qualità la vera competizione. Certo, si dovranno fare dei sacrifici, forse anche delle rinunce, ma se a queste si affiancheranno la lotta all'evasione, alla corruzione e all'economia sommersa, unitamente ad un buon governo, allora ne verrà la pena. Difficile credere ad una classe politica che non solo non legifera e amministra con equità e senso di responsabilità, ma che "costa" agli italiani troppo rispetto a ciò che ricevono; soprattutto, difficile credere a chi chiede sacrifici e non riesce a dare il buon esempio. Il futuro ce lo dobbiamo costruire, non viene dal niente e, tanto meno, da chi, al posto delle idee, ha solo l'interesse personale e dei pochi eletti. 
Il problema non riguarda solo l'Italia. In tutto il mondo si è fatta la lotta contro il diritto al lavoro e la strada da percorrere nella direzione di un lavoro dignitoso per tutti è ancora lunga, ma vale la  pena percorrerla, seppur piena di insidie, se si vuole giustizia sociale. Il rapporto Ilo, La protezione sociale di base per una globalizzazione giusta ed inclusiva,  rileva che nel mondo le persone che non godono di una sicurezza sociale o di una protezione sociale adeguata sono 5,1 miliardi. Solo poco più del 15% dei disoccupati, sempre a livello mondiale, riceve una qualche forma di sussidio per la disoccupazione. Il Direttore Generale dell'Ilo, Juan Somavia, scrive: "I tagli ai programmi di protezione sociale nel quadro dei piani di risanamento dei conti pubblici potrebbero indebolire la ripresa".  E noi concordiamo.





2 commenti:

  1. Caro Idelbo,
    nel bellissimo romanzo di Satta "Il giorno del giudizio" la moglie da spesso dei consigli al marito notaio.
    Ma i consigli - dice l'autore che è poi il figlio dei due - erano così ragionevoli che proprio per questo non venivano accettati.
    Non le sembra il nostro amaro destino?

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  2. Caro prof. Woland, non solo è il nostro amaro destino, ma potrebbe diventare la nostra condanna.

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