domenica 23 ottobre 2011

Si vis pacem, cole iustitiam


Il capo dello Stato continua con i suoi richiami alla politica:" La questione della disoccupazione e della frustrazione giovanile deve essere al centro delle nostre preoccupazioni. E parlo di preoccupazioni per la coesione sociale e anche per l'equilibrio democratico e per la convivenza civile".
La Commissione Europea sollecita l'Italia a presentare urgentemente riforme strutturali per creare nuovi posti di lavoro, suo "tallone di Achille in questi ultimi quindici anni", in quanto il consolidamento di bilancio non basta.
La Banca d'Italia avverte che la crisi non è finita e che "se non ci saranno seri piani di rilancio dell'economia italiana, nei prossimi mesi la situazione potrebbe peggiorare in maniera considerevole, soprattutto sotto il profilo dell'occupazione".
Da un'indagine realizzata dalla Coldiretti-Swg risulta  che il 49% di italiani dichiara che riesce a pagarsi appena le spese necessarie senza permettersi ulteriori lussi e un 5-10% non è in grado di garantirsi il minimo indispensabile. E si potrebbe continuare citando altre statistiche o fonti che danno il senso dell'incidenza che ha sulle famiglie la forte crisi che ci sta attanagliando e l'inadeguatezza di una classe politica rozza e diletatnte , che non riesce a prendere adeguate misure. A fronte di tutto ciò abbiamo un governo che , per voce del suo premier, riesce solo a dire " dobbiamo inventarci qualcosa!" Inventarci! Talvolta sarebbe auspicabile che il signore d'Arcore si limitasse a parlare, perché se da una parte da il senso di impotenza, dall'altra non manca di rimarcare che si sente un artista per aver salvato l'Italia e  che non è possibile che il miglior imprenditore degli ultimi decenni non sappia trovare una soluzione per risolvere i problemi del Paese. Per adesso, l'unica capacità dimostrata è sotto gli occhi di tutti, il disastro. E per far fronte al disastro le prime indiscrezioni sul decreto sviluppo ci dicono quanto siano inefficienti e impreparati gli uomini del governo "del fare": l'addio della pagella su carta; il biglietto elettronico sui bus; la polizza anti-calamità per la casa; la possibilità di trasportare "in proprio" all'inceneritore i rifiuti pericolosi ( siringhe, aghi , lamette ecc); l'età di pensionamento dei professori universitari ordinari da 70 a 68 anni; la garanzia dello stato per le giovani coppie di sposi prive di contratto di lavoro a tempo indeterminato; il silenzio-assenzo a costruire nel caso che siano trascorsi 90 giorni dalla richiesta e altre amenità del genere che, tra l'altro, molte di esse sono un dejavù.  
Le uniche cose che questo governo ha dato ampia dimostrazione di possedere e valorizzare sono: la totale protezione dei privilegi della Casta (non ultimi i privilegi dei pluripensionati) e l'ignobile mercatino dei voti ( anomalia tipicamente italiana, salvo paesi del terzo mondo!).
Oggi il problema del lavoro non è un problema esclusivamente italiano, perché la crisi ha colpito l'intero pianeta, ma nel nostro Paese sembra che la crisi lo attanagli da almeno quindici anni, perché a fronte del problema giovani e del problema lavoro niente è stato mai fatto. 
Da sempre i giovani sono l'avanguardia del malessere sociale e perché meravigliarci se scendono in piazza, se manifestano o protestano contro l'ingiustizia subita della perdita del loro futuro e se chiedono di cambiare  e se vogliono giustizia ed equità? Certo, la mancanza del lavoro tocca giovani e i meno giovani, ma i primi sono il triplo, rispetto ai secondi, nella condizione di disoccupati per almeno un anno e con ciò perdendo energie vitali per lo sviluppo di un Paese. Sull'articolo de Il Lavoro Dignitoso, precedentemente linkato, si legge" Le conseguenze del persistere di una disoccupazione giovanile così elevata, però, possono essere anche peggiori, come dimostra l'aumento del tasso di criminalità, dell'utilizzo di droghe e dei casi di depressione [...] tutte conseguenze usuali per una generazione composta da giovani che, se va bene, sono ormai scoraggiati rispetto al futuro, e che, nella peggiore delle ipotesi, sono diventati arrabbiati e violenti [...] Di fronte alla disperazione e all'indignazione delle piazze di tutto il mondo forse è arrivato il momento di agire veramente, perché il futuro dei giovani non è in debito".
C'è un ottimo articolo, che abbiamo postato sulla nostra pagina di facebook, estratto da www.ilmondodiannibale.it, Lavoro, miseria e morte, che vi consigliamo di leggere e che confronta i dati presentati dall'Oil ( Organizzazione Internazionale del Lavoro) in Global Employment Trends del 2008 con quelli del 2011.  La comparazione di questi due rapporti ci da l'esatta  indicazione di quanto poco si sia fatto e si stia facendo e come il lavoro sia sempre più marginale alla persona. 
Nel 2008, su 6,5 miliardi di persone 3 miliardi lavoravano e la metà di queste facevano parte dell'economia informale ( lavoratori in proprio, o lavoratori in aziende familiari, senza diritti e spesso senza retribuzione). Nel rapporto del 2011 questi ultimi sono aumentati di 300 milioni.
Nel 2010 il numero dei disoccupati si è attestato sui 205 milioni, invariata rispetto al 2009, ma superiore di 27,6 milioni rispetto al 2007. Nel 2011, secondo l'Oil, il tasso di disoccupazione è del 6,1%, pari a 203,3 milioni. Si consideri che il 55% dell'aumento della disoccupazione mondiale è dovuta alle economie sviluppate e all'Ue, sebbene questa regione rappresenti soltanto il 15% della forza lavoro mondiale!
A livello di giovani, nel 2010 erano disoccupati 78 milioni, superiore al dato del 2007, che era di 73,5 milioni, ma al di sotto degli 80 milioni del 2009 (piena crisi). Nel 2010 il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) si era attestato sul 12,6%, cioè 2,6 volte maggiore rispetto a tasso di disoccupazione degli adulti. Un dato sconcertante è il seguente: in 56 paesi per cui sono disponibili i dati, vi sono  sul mercato del lavoro 1,7 milioni di giovani in meno di quelli previsti. Dopo la crisi, solo per l'Italia, si parla di 1,5 milioni.
Dal 2007 al 2009 l'occupazione industriale ha avuto una perdita di 9,5 milioni di lavoratori.  Oltre 1 miliardo di persone non ha la casa: fino al 1970 erano il 2% della popolazione di ogni stato, oggi sono il 20%.  Prima dell'ultima crisi finanziaria e speculativa, 1 miliardo erano le persone che soffrivano di fame: dal 2007 al 2008 sono aumentate di 100 milioni e altrettante tra il 2008 e il 2010. Tutto questo lo si deve agli speculatori (come sia possibile che gli Stati non sappiano porre un freno!) che hanno fatto aumentare  vertiginosamente i prezzi del mais (+72%), del grano (+68%), della soia (+80%) e del riso (+80%), portando il miliardo di persone che vivono con 1 euro al giorno a 1,6 miliardi nel 2010. Non solo aumenta il numero degli affamati, ma 25.000 bambini muoiono ogni giorno per fame e malattie ( spesso per noi banali).
Nel rapporto del 2011 si legge che nel 2009 circa 630 milioni di lavoratori (il 20,7% della manodopera mondiale) vivevano insieme alle loro famiglie al di sotto della soglia di povertà estrema di 1,25 dollari al giorno. Sono dati impressionanti, che sembrano lontani da noi, invece, purtroppo, nel nostro Mezzogiorno ci sono 410 mila bambini che vivono in condizioni di povertà assoluta. Se poi consideriamo quelli ritenuti in stato di povertà relativa, allora il numero arriva a 1,88 milioni in totale.
Se poi leggiamo i dati relativi alla sicurezza sul lavoro allora ci chiediamo come sia possibile che ancora oggi ci sia qualcuno che non  pensi che il "lavoro non è una merce". Ogni anno muoiono per cause correlate al lavoro circa 2,2 milioni di persone. Di queste, oltre 350.000 muoiono ogni anno per incidenti sul lavoro. Gli incidenti invalidanti sono 270 milioni di persone l'anno e 160 milioni di persone si ammalano per malattie professionali, per esposizione a sostanze nocive o altro.
Se ci riferiamo all'Italia, si pensi che l'Inail, nel 2010, ha stilato un  trionfale rapporto in cui annunciava che i morti sul lavoro erano soltanto 3 al giorno e 80 morti in meno del 2009, dimenticandosi di rilevare che nel 2010 i lavoratori sono stati "assenti dal lavoro" per 1 miliardo di ore di cassa integrazione. E' certo che se non lavorano si fanno meno male!
A fronte dei dati esposti, quale può mai essere la meraviglia di chi governa se le persone scendono in piazza a urlare il loro diritto a un lavoro e a una vita dignitosa? Fino a quando la finanza sarà in mano a pochi speculatori, che gestiscono il mondo dal Palazzo, e decidono le sorti degli Stati e dei popoli, o che decidono i prezzi dei generi alimentari e delle risorse della terra, e fino a quando l'economia di carta sopravanzerà l'economia reale con i suo subprimes immobiliari e derivati, si dovrà sperare che le persone abbiano ancora tanta pazienza! Ma non può essere lontano il giorno in cui chiederanno conto dei loro diritti e della loro libertà a vivere e "non subire" la vita. Fino a quando a un manipolo di sfruttatori sarà concesso di  decidere chi e quanti saranno quelli che dovranno soffrire e morire, non ci sarà  equità e giustizia e non ci dovremo meravigliare se dall'indignazione, chi soffre, salterà alla violenza. Fino a quando la politica non tornerà a parlare alla e della gente, ricordando che chi amministra ha l'obbligo etico e morale della salute di chi governa, non potrà esserci pace sociale. Si vis pacem, cole iustitiam.





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