giovedì 19 aprile 2012

Articolo 18 e 81: la sintesi della non-politica

Il pareggio di bilancio entra in Costituzione e non sarà necessario un referendum confermativo per riformare l'articolo 81 (che coincidenza, invertendo i numeri!). Il Senato ha approvato con 235 voti favorevoli, 11 contrari e 24 astenuti.
A questo punto l'unica speranza è che il Fmi abbia preso un abbaglio, quando asserisce che l'Italia non raggiungerà il pareggio di bilancio almeno fino al 2017, perché non è possibile che le persone accettino passivamente di subire altri terribili sacrifici. 

Quando Mario Monti si sente in dovere di ringraziare il popolo  italiano per il senso di maturità con cui ha accolto i sacrifici richiesti, forse parla dei suoi vicini di casa, perché nel resto del Paese la gente dimostra indignazione, rabbia, sconcerto e si allontana sempre più dalla politica. Forse è troppo preso a  "salvare" l'Italia e non gli rimane il tempo di leggere giornali.
Ciò che la gente esprime non è anti-politica, demagogia o facile populismo, ma soltanto rabbia; ciò che invece esprimono i nostri politici è solo non-politica. Nella pagina "Riflettere, sorridendo" c'è una vignetta che dice: " Noi smettiamo di fare anti-politica se voi smettete di fare politica". 
Chi scrive, non ha le competenze economiche per dettare l'agenda al governo e, tanto meno, per indirizzare le scelte dei partiti che lo appoggiano, ma se 5 premi nobel per l'economia asseriscono che le politiche di austerity adottate, che Paul Krugman chiama "suicidio economico", sono una follia e che "non migliorano le dinamiche dei debiti", e che il pareggio di bilancio in Costituzione renderà difficile, per non dire impossibile, le manovre anti-cicliche, allora le cose sono tre : o i premi nobel vengono assegnati tirando la monetina o i governanti sono degli incapaci oppure ci sono disegni strategici diversi dal bene del Paese.
Se la politica di austerity è stata fatta al grido "è l'Europa che lo chiede", Il pareggio di bilancio in Costituzione servirà a politici inetti e incapacidi  tutelarsi, in futuro, al grido " Così chiede la Costituzione" e a controbilanciare gli articoli che garantiscono il lavoro e una vita dignitosa.
Lidia Undiemi, economista e collaboratrice di Wall Street Italia, scrive: "L'equilibrio fra le entrate e le uscite del bilancio statale si raggiunge se coloro che lo rappresentano, attuano concretamente una politica virtuosa lontano dalle logiche clientelari, dal familismo e dai privilegi di casta e dalle ruberie di altro genere; se sono dotati di un comprovato senso dello Stato e di un elevato livello di moralità e di etica; se posseggono reali capacità dirigenziali [...] La crisi non è un castigo divino, sappiamo benissimo che la colpa è dei politici. Lasciare il paese nelle mani di questa gente è antipolitica, un gravissimo atto di irresponsabilità dalle conseguenze incalcolabili".
Si è parlato e straparlato della disoccupazione matura e giovanile; dei giovani precari e dei Neet; delle donne sempre meno presenti sul mercato del lavoro e delle persone che neanche più lo cercano; dei quotidiani suicidi di disoccupati e piccoli imprenditori, ma è bene fare anche una breve panoramica dal lato dell'impresa, per rendersi conto della vera tragedia. Subire la  temporanea disoccupazione e povertà può creare momentaneo disagio, ma sapere che il futuro di chi dovrebbe risolvere il "momentaneo disagio" è nelle stesse acque non rinforza certo la speranza.
Secondo il Centro studi di Confindustria, "la brusca impennata della disoccupazione proseguirà perché permarranno le condizioni che l'hanno causata". Parla di un mercato del lavoro in "deterioramento",  rilevando che la disoccupazione a febbraio è salita al 9,3% ( +0,2 punti su gennaio), ma a ciò fa riscontro una produzione industriale che segna un -2,3% nel primo trimestre.
La Cgia di Mestre rileva che "nei primi tre mesi di quest'anno, il 58% delle 26.000 aziende in meno registrate dal saldo ( dato dalla differenza tra imprese iscritte e cessate presso le Camere di Commercio) sia riconducibile al settore artigiano". Chiaramente se il mercato interno, con famiglie sempre più povere, rimane fermo, è evidente che l'edilizia, l'abbigliamento, i mobili ecc non si vendono, per cui come pensano di risolvere il problema i nostri coraggiosi comandanti? In Veneto, ad esempio, è stato costituito un fondo per sostenere le piccole aziende che hanno esaurito la liquidità e che non sarebbero in grado di andare avanti.
Su L'Opinione, a cura di Luca Patrasso, si rileva che un' impresa su due chiude i battenti entro cinque anni di vita. Le cause maggiori sono individuate nelle tasse, nella burocrazia ma, soprattutto, nella mancanza di liquidità. Anziché concentrarsi nel falso problema dell'articolo 18, perché non si è studiato un rilancio delle imprese giovanili attraverso una defiscalizzazione delle aziende di nuova creazione; promuovere la cultura di impresa tra i giovani, già nel periodo scolastico e universitario; finanziare attività di ricerca e gli spin off universitari. 
Se all'alta disoccupazione e alla crescente povertà, si risponde solo stringendo i cordoni della spesa e licenziando facilmente, sicuramente andremo poco lontani.
E questo, in estrema sintesi, evidenziano i cinque premi nobel! Ma per "fare" il futuro serve coraggio, preparazione, moralità, grande responsabilità e un elevato senso del bene pubblico. In fondo l'anti-politica, la demagogia o il facile populismo, sono figli legittimi della non-politica. 





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