lunedì 19 marzo 2012

L'abc...di Monti!

La scelta della foto o dell'immagine del post ha sempre bisogno di un minimo di ricerca e deve accompagnarsi al contenuto dello scritto. Normalmente la preferenza è sempre andata su immagini neutre o, molto spesso, su pitture, ma questa volta chi ci legge dovrà accontentarsi di un pessimo quadretto dal titolo "L' 'a-b-c band' da Monti". 
E' sicuramente una pessima scelta, forse anche di cattivo gusto, ma l'obiettivo dichiarato è quello di imprimere nella mente e negli occhi di chi ci legge che questi signori stanno discutendo del futuro dell'Italia, pur non avendo la pur minima idea di cosa voglia la gente ma, soprattutto, stanno organizzandosi la sopravvivenza politica. Ciò che esula dal loro modo di pensare è anti-politica, è populismo facile e pure pericoloso; ciò che non condividono è estremismo da isolare e ciò che non sanno spiegare lo legano al dogma "è l'Europa che lo chiede"!  Incapaci di parlare di politica, hanno delegato a tecnici la risoluzione dei problemi, ma adesso è arrivato il tempo di ritornare in pista, per non lasciare più di tanto spazio ai professori. Infondo si sono sdoganati per incapacità, lasciando a Monti la parte più difficile e impopolare, ma non sono dei fessi, quindi cercano di rimanere nel gioco evitando di sporcarsi. Questo, purtroppo, è il nostro "a-b-c" della politica: (a) Alfano - (b) Bersani - (c) Casini, tanto diversi eppur simili nel cercare di tenere strette le poltrone!
L'amico prof. Woland, nel suo post La fine del compromesso tra capitalismo e democrazia spiega i motivi dell'accesa battaglia che oggi si svolge intorno all'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori: "...nel '29 Keines dettò il più importante compromesso storico del secolo scorso: quello tra capitalismo e democrazia [...] i poveri diventano davvero i rappresentanti dell'interesse generale della società. Le forze politiche, cioè i partiti politici che rappresentano le forze sociali, possono gestire l'allocazione delle risorse economiche (beni sociali e primari, servizi) [...] alla base del compromesso c'era una delega ai partiti: le classi sociali rinunciavano a fare da sole". Oggi tutto questo non c'è più! La classe che detiene il potere economico ha deciso di fare a meno dei partiti e di riprendersi in mano il potere di decidere, anche grazie ad una classe politica inefficiente. E' necessario che si trasformi il lavoro in merce e, per questo, è indispensabile che tutto ciò che si interpone al loro progetto sia abolito: l'obiettivo è di trasformare il "lavoratore di diritto" in "lavoratore a ore", utilizzabile solo in caso di necessità.
La ministra Severino, intervistata sul suo enorme reddito, dichiarava di non sentire "imbarazzo perché guadagnare non è un peccato se lo si fa lecitamente, producendo altra ricchezza e pagando le tasse". Indubbio! Certo è che quando le persone si rendono conto che il 10% degli italiani detengono il 40% della ricchezza, che l'evasione erode montagne di soldi al pubblico interesse, che la corruzione è un cancro per la società, che l'economia sommersa e illegale sottrae denaro che potrebbe essere investito per i giovani e, malgrado tutto ciò, l'interesse primario è ritardare l'età pensionabile e abolire l'articolo 18, in modo che sia più facile licenziare, perché solo così si attirano le imprese straniere e si facilita l'assunzione, qualcosa ci fa pensare ad una presa in giro. Se le imprese straniere scappano o non vengono, forse, è perché non si fidano dei nostri governi, forti coi deboli e debole con l'illegalità. Roberto Scarpinato, nella lettera pubblicata su Il Fatto Quotidiano e indirizzata a Monti, scrive: "Esiste in Italia una inscindibile correlazione tra questione economica e questione dell'illegalità [...] la vera sfida con la quale deve misurarsi oggi il governo Monti, e con la quale dovrà misurarsi domani chiunque avrà la guida del paese, si muove dunque sul terreno ineludibile del ripristino della legalità e del principio di responsabilità, coniugando legalità e sviluppo. Stato regolatore e libero mercato". E forse torneranno anche le fabbriche straniere!
In questa fase di continuo e sistematico tentativo di distruzione delle tutele dei lavoratori non fa neanche scalpore la notizia della brochure della Manpower  (lavoratori come merce!) nella quale l'agenzia offre alla propria clientela (aziende) "fornitura di personale a costi particolarmente vantaggiosi rispetto ad altre forme di flessibilità". Non è da meravigliarsi se in un prossimo futuro saranno offerti tre lavoratori al prezzo di due. Il mercato, infondo, diventerà un grande supermercato per le aziende!
Non fanno più di tanto scalpore neanche le parole della ministra Fornero quando, interrogata da una precaria circa l'introduzione del reddito di cittadinanza, risponde: " L'Italia è un Paese ricco di contraddizioni, che ha il sole per 9 mesi l'anno e con un reddito base la gente si adagerebbe, si siederebbe e mangerebbe pasta al pomodoro". 
Può darsi! Magari potrebbe anche esserci qualcuno, che grazie ad intrallazzi con chi è preposto a controllare, mercanteggerebbe con certe agevolazioni, ma sarebbe una cosa tutta da verificare. E se ciò si verificasse, vorrebbe dire che non sono state studiate forme di controllo adeguate e responsabili adeguati. Utilizzare stereotipi negativi, molto consueto fra i politici, è un facile sistema di eludere il problema principale: tutelare il lavoratore e fare in modo che abbia il diritto ad un lavoro dignitoso e ad una vita dignitosa.
E' stata seguita con molta attenzione l'intervista della ministra del Lavoro e delle Pari Opportunità a Che tempo che fa e, in linea generale, non sarebbe difficile non concordare su molti aspetti del suo progetto, ma, forse ci perdonerà, è pure difficile "credere" come riuscirebbe a gestire il periodo di "ricerca lavoro" di un disoccupato che usufruisca dell'Aspi: chi dovrebbe farlo, con quali strumenti, modalità e professionalità? Sarebbe bello credere che il lavoro flessibile debba essere fatto pagare di più dalle aziende, non concordando sulla restituzione di una parte del surplus pagato, una volta assunto a tempo indeterminato il lavoratore soggetto a contratto a tempo determinato, in quanto la precedente forma di assunzione è stata, di fatto,  già un vantaggio per l'impresa. Impossibile non concordare con l'abolizione dello stage post-universitario, spesso utilizzato come "sistema legalizzato di sfruttamento di manodopera non pagata". Assurdo non concordare, quando dice che i  lavoratori dovrebbero diventare parte integrante delle aziende perché, insieme agli imprenditori, dovrebbero convergere a comuni interessi. Ma come? Spesso si è iniziato questo percorso e ancora più spesso lo si è interrotto. La dimostrazione è il fallimento della Qualità totale, modificata e adattata ad uso e consumo italiano, ma che ha miseramente fallito, tanto che molta letteratura parla di un suo superamento. Doveva essere un sistema di integrazione ma, come è ormai d'uso dalle nostre parti, lo si era fatto diventare un sistema di "controllo operativo", senza nessun coinvolgimento o partecipazione da parte dei lavoratori.
Certo, l'Italia è un Paese difficile. Tutti pensano che debbano essere gli altri a sacrificarsi; nessuno o pochi sono disposti a cedere qualcosa in cambio di un benessere generalizzato ma, forse, un tantino di merito lo dobbiamo ad una politica che si è sempre dimostrata incapace di guardare al "generale" e di favorire le lobby o i gruppi "particolari", purché sufficientemente potenti o numerosi per il voto di scambio. Oggi poi, che il massimo della rappresentanza politica è costituita dall' "a-b-c band", è facilmente intuibile che far digerire  la necessità di misure che richiedono sacrifici, sarà un impresa titanica, perché niente è legato ad un'idea e ad un progetto credibile. A fronte di una politica che galleggia nel totale disinteresse dell'opinione pubblica, dove non si scorge una forza politica capace di disegnare "un futuro possibile", ogni iniziativa presa per superare la crisi è vista come l'ennesimo tentativo a danno dei più deboli, e ci sono mille e più una ragione per crederlo. Si pensi all'idea di inserire nella Costituzione il vincolo di pareggio di bilancio, tanto osteggiato da 5 nobel per l'economia, perché avrebbe, tra l'altro, effetti perversi in caso di recessione.  E noi, tecnicamente, siamo in recessione! Ormai l'Istat è diventata una sorta di bollettino di guerra: si leggano, tra l'altro, i dati relativi alla produzione industriale di gennaio 2012. Domani, quando saranno necessari investimenti per il benessere generale e per far fronte  a crisi che altri genereranno, non dovranno più dire "è l'Europa che lo chiede", ma "è incostituzionale che ci si occupi di voi"!  Tutto ciò è più importante che studiare forme di crescita, sviluppo, costruzione di nuovi posti di lavoro, come finanziare la ricerca, indispensabile per rispondere ai periodi di difficoltà...ma questo fa parte di un vecchio e antiquato periodo, quando parlare di politica aveva un senso!
Difficile dire se questo governo, con l'aiuto dei prostranti "a-b-c", riuscirà a far uscire il Paese dalla crisi, ma una cosa è certa, che il lavoro e i lavoratori pagheranno un grosso tributo se abbasseranno la guardia e, a fronte dei sacrifici richiesti, non pretenderanno garanzie e tutele certe.  In caso contrario, ci vorranno anni e lotte durissime per ripristinare il minimo di dignità attuale, perché è innegabile che in futuro, per il capitale, un buon lavoratore è " il prestatore di servizio". 











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