mercoledì 23 novembre 2011

E i lavoratori pagano!

Una cosa è certa, per adesso a pagare sono solo i lavoratori. Si cambiano i governi, ossia, si alternano gli uomini ad amministrare, senza che i precedenti perdano niente. Si discute sul da farsi, si leggono ogni giorno i richiami della Ue e della Bce, si parla di bond, spread, borse, Fmi e i lavoratori languono e la povertà avanza. 
Mentre si studiano i sistemi per far fronte alla crisi e i partiti arrancano a studiare la migliore soluzione per rispondere alle richieste dei lavoratori, questi ultimi sono in balia degli eventi...sempre a loro contrari. Il senatore Ichino richiama il Pd a non rimanere immobile davanti alle scelte da fare per un un nuovo diritto del lavoro; Marchionne accelera i tempi per arrivare ad avere le condizioni a lui più consone per fare ciò che vuole nei suoi stabilimenti; l'onorevole Fassina si preoccupa di rispondere per le rime all'ad di Fiat e nel frattempo i lavoratori pagano.
Nella chimica, tessile e abbigliamento, in due anni, si è registrata una perdita di 180mila posti di lavoro. Solo nel primo semestre 2011 si sono consumate 148 milioni di ore di cassa integrazione.
Secondo uno studio dell'Ires Cgil, negli ultimi tre anni sono diminuiti (non hanno avuto lavoro) 130mila lavoratori interinali; senza considerare la difficoltà di accesso all'indennità di disoccupazione.
Siccome i problemi non vengono mai da soli, non ci dobbiamo preoccupare solo di chi il lavoro l'ha perso, ma anche di chi, forse lo perderà: alla Sanofi-Aventis si discute di chiudere il centro di ricerca di Milano e si prevedono 500 licenziamenti; dieci giorni  fa la Whirlpool ha annunciato 1000 esuberi nei suoi stabilimenti italiani, 600 solo a Varese, precisando, però, che saranno fatti in modo graduale! Sembra quasi ironico che l'azienda si precipiti a dichiarare: "Whirlpool è un'azienda sana che fornisce prodotti d'eccellenza a consumatori in tutto il mondo [...] Per questo, nonostante le attuali difficoltà [...] siamo determinati a difendere la nostra tradizione, rilanciando gli investimenti sui prodotti, sui processi e sulle persone, a partire dall'area di Varese". Tutto bene, ma con un piccolissimo particolare, riducendo i posti di lavoro. 
Si parla spesso del costo del lavoro e spesso ci si dimentica che l'Italia è in fondo alla classifica Ocse sui salari: esattamente al 22° posto (abbiamo superato la Grecia!). E siamo al quinto posto nella classifica del peso delle tasse sui salari ( il cuneo fiscale ( la differenza tra quanto pagato dal datore di lavoro e quanto effettivamente finisce in tasca del lavoratore).
Tanto per evidenziare la crescita di difficoltà a "tirare avanti", uno studio del portale Mutui.it segnala come "il 4% delle domande dei mutui sia legato non ad acquisti o ristrutturazioni, ma alla pura e semplice necessità di contanti per i bisogni familiari".
Come se non bastasse, i nuovi ordini industriali sono calati del 9,2%, dando al nostro Paese il primato negativo. Tanto per non smentirci e, a scanso di equivoci, non a causa della crisi, siamo anche agli ultimi posti per la spesa dedicata all'istruzione : investiamo il 4,8% del Pil, quando la media europea è del 6,1%; dietro di noi abbiamo la Slovacchia e la Repubblica Ceca, posizionandoci al 29° posto su 34 paesi. Tutto ciò ci da l'esatto valore che viene dato al futuro del lavoro e dei lavoratori.
E' proprio a fronte di questa drammatica situazione che nel precedente post abbiamo ritenuto fuori luogo la presa di posizione di Marchionne, a seguito della decisone di disdire gli accordi in vigore. Noi non siamo, a priori, contrari agli accordi di secondo livello, purché ci siano chiare e precise operazioni di gestione degli stessi. Inoltre ci piacerebbe sapere cosa intende Marchionne quando dice: "Ribadisco il nostro semplice obiettivo di voler allineare il nostro sistema produttivo italiano agli standard richiesti dalla concorrenza internazionale e di dotarlo degli strumenti per competere con i migliori": In considerazione del fatto che i lavoratori hanno sempre pagato e continuano a pagare, non vorremmo mai che tali "standard" fossero oltremodo peggiorativi delle condizioni attuali e, soprattutto, se volessero intendere una "certa libertà" a fare ciò che si ritiene meglio solo per l'azienda.

2 commenti:

  1. Caro Idelbo,
    ho l'impressione che stiamo continuando a predicare nel deserto. C'è qualcuno che ci ascolta?
    Che mondo questi signori intendono consegnare alle nuove generazioni? Quanta amarezza.
    W

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  2. Caro professore, purtroppo sono convinto che non abbiamo ancora superato il "peggio" e, nel nostro piccolo, abbiamo il dovere di denunciare e e richiamare all'attenzione. Quello che mi preoccupa è il basso livello della politica e, soprattutto, il bassissimo livello della sinistra. Se i giovani hanno il diritto di essere aiutati al loro futuro...noi abbiamo il dovere di ritornare in campo per farglielo ottenere!

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