giovedì 5 luglio 2012

Non esiste una chiave per il futuro!

Non esiste una chiave, che messa nella serratura magica e una volta girata, possa risolvere i nostri problemi. Come non esiste un partito, oggi, che possa (o voglia!) dedicarsi interamente ai problemi della gente: quando arrivano ai posti di comando devono, anzi, sono obbligati a scendere a compromessi o, ancora peggio, sono obbligati a seguire i dettami di chi gli ha concesso di arrivare nella sala comandi. C'è qualcosa di molto più grande e potente di loro che ne condiziona l'operato, qualora anche avessero l'intenzione di fare qualcosa di buono: la finanza internazionale o la difesa dei privilegi acquisiti.

Ormai sono pochi e sempre più rari quelli che ritengono la politica una missione per le persone. Allora si spera nei movimenti, nel "nuovo" che propongono...ma, almeno fino ad oggi, si sono sciolti al sole del dio soldo e degli intrallazzi di palazzo. Sinceramente, per quanto Travaglio si sforzi, è difficile convincersi della bontà del M5S e se si pensa che rappresenti il nuovo, allora si può cominciare anche a credere all'Isola che non c'è!
Il futuro è un qualcosa che ci si costruisce giorno per giorno, lottando contro chi tenta di toglierci le opportunità attraverso leggi, leggine e vergognosi tentativi a protezione di privilegi fatti discendere dal Padreterno, ma si deve avere la consapevolezza  che le risorse sono limitate e che se uno ha tanto è ovvio che qualcuno ha niente! E' impensabile una  sfrenata e continua crescita e, soprattutto, si dovrà cominciare a parlare più di "equo" che di "tanto". Ciò non vuol dire che si debba essere tutti uguali, ma che si abbia le stesse opportunità; appiattire le menti e le capacità è una vera castroneria, semmai è un dovere di ognuno partecipare per ciò che sa e che può fare. Ma ci si deve anche rendere consapevoli che ad ogni livello sociale e per ogni categoria di impegno esiste il cancro dei furbi, degli sfruttatori, degli approfittatori e dei parassiti: ricchi e poveri, imprenditori e lavoratori, politici e gente comune.
Quando si pensa al domani, lo si fa attraverso dati realistici, sogni, speranze e anche utopie, ma la traccia o l'impronta deve essere chiara e ben visibile e, almeno dal lato del lavoro, ogni scelta o decisione deve essere improntata ad essa. Per chi scrive, che condivide con ciò che ha scritto André Gorz in Metamorfosi del lavoro, il futuro deve prevedere che" L'unità indissolubile di diritto al reddito e diritto al lavoro è per ciascuno la base della cittadinanza". Quindi ogni scelta, sia politica che di vita quotidiana, è improntata al raggiungimento di quell'obiettivo. Certo, non è facile, visto che non si ha neppure la possibilità di poter eleggere direttamente i politici interessati a tale progetto, ma è proprio questo il primario interesse di ognuno di noi e cioè di riappropriarci del diritto di eleggere e mandare via chi riteniamo validi o meno. Lo scontro sarà duro, ma è il primo e fondamentale passo non solo per riavere una speranza a costruire qualcosa di buono, ma anche per rigenerare una politica ormai vecchia, logora, concentrata su se stessa e sui suoi privilegi.
Quando il ministro Fornero ha dichiarato al Wall Street Journal che " L'atteggiamento delle persone deve cambiare: il lavoro non è un diritto ma va guadagnato, anche con il sacrificio", il blog non si è sollevato nello sdegno generale, ma neanche gli passa per la mente di ritenere che il ministro rappresenti una "rivoluzione culturale", come scrive Linkiesta e dichiarano eminenti esponenti del Pd. Rappresenta esattamente ciò che è sempre stato: il mondo diviso tra "dominanti" e "dominati" e vedremo di seguito perché!
Ciò che ha più colpito di tutta questa vicenda è, come succede sempre in Italia, la netta divisione fra i denigratori e gli osannatori a prescindere! 
Per meglio capire come stanno le cose è necessario utilizzare la distinzione operata dal senatore Ichino sui tre modi di intendere il "diritto al lavoro": burocratico (se vai all'ufficio di collocamento, hai diritto a essere avviato a un lavoro, sulla base di una graduatoria); sindacale (se hai un posto di lavoro, non puoi essere licenziato); costituzionale (lo Stato ha il dovere di creare le condizioni affinché tutti abbiano una opportunità di lavoro secondo le proprie capacità e la propria scelta". E quest'ultima è quella benedetta dal senatore, dal ministro, dai notabili, dagli osannanti e dai "dominanti". Prendiamolo per buono! 
Premesso che ci piacerebbe sapere da questi signori dove siano le "opportunità di lavoro secondo le proprie capacità e la propria scelta", visto che anche il Presidente Napolitano, intervenuto alla Conferenza Internazionale del Lavoro dell'Ilo afferma: "Il rilancio della crescita in Europa, indispensabile per uscire dalla crisi, deve essere mirato a un sostanziale incremento dell'occupazione come essenziale garanzia di equità considerando che l'aumento dell'attività produttiva e del Pil non si traducono necessariamente in rilancio occupazionale; il pieno impiego deve dunque tornare ad essere considerato un fine in sé, poiché è un fatto che negli ultimi decenni il pieno impiego non ha più avuto uno spazio primario né come parola d'ordine né come obiettivo delle politiche pubbliche". Se Enrico Zanetti, su Linkiesta, ci ricorda che " poter lavorare è un diritto, cercarsi un lavoro un dovere", ci dovrebbe anche suggerire come e dove trovarlo, visto che l'Istat, e non un blog come il nostro, ha censito (a maggio 2012) 2.584.000 disoccupati, che su base annua parla di una crescita (l'unica da noi possibile!) del 26% , pari a 534.000 unità; senza considerare che la disoccupazione giovanile ha raggiunto il record storico del 36%; evitando di parlare in termini di povertà relativa o assoluta o delle persone che si sono rivolte alla Caritas. Ma il massimo lo raggiunge quando scrive: "La trasformazione del diritto di tutti di poter lavorare, con tanto di preciso dovere a provarci, in diritto di tutti ad avere un lavoro, a prescindere dalla dimostrazione concreta di attitudine e, prima ancora, di volontà e disponibilità all'impegno, è alla base di una buona parte della devastazione culturale del nostro Paese", perché verrebbe istintivo chiedergli come abbiano fatto "incapaci, vagabondi e poco disponibili" lavoratori a portare il "nostro Paese" ad essere  una delle maggiori potenze economiche mondiali. Ci piacerebbe ricordargli quali siano i mezzi di "concreta attitudine" dimostrata dal figlio di Monti o la figlia della Fornero per avere i posti che occupano. Con ciò senza nulla togliere ai due giovani, che sicuramente saranno bravissimi, ma è inconfutabile che in giro per il mondo (come pure in Italia) ce ne sono altrettanti di bravi, ma privi di mezzi o di "spinte giuste". Infine ci premerebbe ricordare a questa nuova élite che il mondo è fatto anche di persone "normali" che hanno, comunque, diritto ad una vita dignitosa, magari partecipativa piuttosto che improntata alla carità di chi "detiene il potere di decisione in campo economico", come scrive A.Gorz.
Se oggi esistono 100.000 pensioni d'oro, per un valore di 13 miliardi di euro, non le si possono legare alle pensioni di chi ha lavorato una vita, ma alla classe "dominante". La stessa che, crisi o non crisi, riesce a "sistemare" i figli, i parenti, i galoppini e gli amici degli amici. Certo, ci sono studi in cui i dati macro e micro danno conto di una sorta di disoccupazione "naturale", logica e anche necessaria e, per quanto possa sembrare eccessivo, è a questa ""naturalezza che si sente il dovere di ribellarci.
La sensazione, ormai quasi concreta realtà, è che si è voluta scatenare una battaglia fra poveri, addossando colpe che non esistono, trasformando normali lavoratori in "usurpatori del futuro delle nuove generazioni" e solo lievi accenni al disastro procurato dalla corruzione perpetrata per decenni; da una delle maggiori evasioni fiscali al mondo; da capitali nascosti in paradisi fiscali; da una politica disastrosa che ha distrutto industrie di eccellenza, che non ha saputo fare guerra all'economia sommersa e illegale; che non ha saputo fare politiche industriali ed economiche degne di un paese serio; che non ha saputo "coltivare" le nuove generazioni, negandogli ogni diritto al futuro. Quelli che applaudono il ministro Fornero sono gli stessi che minacciano di far saltare la maggioranza se gli viene chiesto di lavorare d'agosto, ma che ritengono doveroso chiedere sacrifici ai lavoratori. Sono gli stessi che fanno parte di partiti che si sono ben guardati di far cancellare dall'agenda di Monti la patrimoniale sui ricchi. Sono gli stessi che fanno parte di partiti in cui ci sono corrotti e tangentari di ogni genere. Infine sono gli stessi che, vergognosamente, rischiano di far rimanere ai partiti i soldi destinati ai terremotati. E si potrebbe continuare il lungo elenco per pagine ancora!
No. non ci si alza in piedi ad applaudire la Fornero come "rivoluzione culturale", perché per noi è la continuazione della vecchia storia fra "dominanti" e "dominati"!
Non ci interessa lo sterile dibattito scatenato dale opposte fazioni, ma solo che le persone abbiano il diritto di "guadagnarsi da vivere"! Ci interessa e ci colpisce molto di più che i vecchi e pensionati "vampiri del futuro" non siano "a rischio solitudine e povertà", che ai giovani sia data un'istruzione eccellente, che gli investimenti sul loro futuro  siano adeguati e  che da loro possa nascere una classe politica che abbia la capacità di capire che cosa sia il bene comune. Ci interessano i giovani che sappiano guardare anche fuori dalle mura dei nostri stretti confini e che consideri, come ricorda Luciano Gallino, il nostro "vicino globale" come un partner interessato, perché fino a quando esisteranno paesi che venderanno i diritti dei lavoratori per due soldi ci sarà sempre chi approfitterà o schiavizzerà per il profitto. E l'unica globalizzazione ammessa, quindi, sarà la mercificazione dell'uomo. Quindi perché meravigliarci se con la crisi, a livello mondiale, sono aumentate le violazioni dei diritti: licenziamenti, arresti, violenze e omicidi (Rapporto sulla violazione dei diritti sindacali nel mondo dell'ITUC). Come potrà mai turbare il nostro sentimento sapere che nel mondo ci sono 215 milioni di bambini  che lavorano, di cui 115 milioni coinvolti nelle peggiori forme di lavoro minorile, mentre sono 5 milioni i minori vittime del lavoro forzato (Tackling child labour: from commitment to action).
Forse Mazzini era un vecchio e patetico sognatore, ma ci piace ricordare ciò che scriveva: "Finché uno solo, capace e voglioso di lavoro langue, per mancanza di lavoro, nella miseria, voi non avrete la Patria come dovreste averla, la Patria di tutti, la Patria per tutti. Il voto, l'educazione, il lavoro sono le tre colonne fondamentali della nazione; non abbiate posa finché non siano per opera vostra solidamente innalzate".
Ma forse si sta divagando, queste sono le utopie della sinistra, che non c'è più e niente c'entrano con il nostro lavoro...o forse c'entrano, ma sono tasselli difficili da inserire ogni giorno sulle mura della galliana "cittadella dei diritti", senza, per altro, rischiare di essere tacciati da anti-politici populisti...quasi tutti, ormai, si ha la convinzione che basti girare una chiave per avere un roseo futuro. Basta sapersi accontentare, perché i "dominanti" qualcosa ci lasceranno!





















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