Su Economia e Politica, Gli insuccessi nella liberalizzazione del lavoro a
termine, si legge: “L'effetto sociale più grave della crisi economica
scoppiata alla fine del 2007 è l'impennata della disoccupazione. In Italia i
senza lavoro sono più che raddoppiati rispetto al 2007 e oggi superano i 3,2
milioni […] secondo le previsioni del governo il tasso di disoccupazione a fine
anno (2014) giungerà al 12,8%, contro il 6,1% del 2007”. Se l'Italia piange
l'Europa non ride davvero con i suoi 19 milioni di disoccupati, ben 7 milioni
in più rispetto al 2007. Consiglio
un'attenta lettura di questo articolo, che dimostra l'insuccesso della
liberalizzazione del lavoro a termine, anche se nel proseguo mi prenderò la
licenza di evidenziare alcuni
aspetti importanti.
Di
fronte ad un dramma sociale di tali dimensioni i dati riportati dall'Istat non
sono certo incoraggianti se si guarda al Pil : è diminuito dello 0,1% rispetto agli ultimi mesi del 2013 e dello 0,5% nei confronti del primo trimestre dell'anno scorso ( siamo tornati al livello del 2000...14 anni indietro!); inoltre, sempre l'Istat ci informa che la crescita acquisita del Pil italiano per il 2014 è pari a -0,2%. Però qualcuno si consolerà sapendo che anche quello della Francia è peggiorato
e magari avrà un gesto di stizza nel sapere che per la Germania le cose vanno
bene (+ 0,8%). Siccome piove sempre sul bagnato, l'agenzia Ansa,
nell'analizzare i dati estrapolati dalle informazioni creditizie Cerved, ci
informa che tra gennaio e marzo si è avuto il record di fallimenti (3811 pari a
un + 4,6% rispetto al 2013). Questo ci porta alla conclusione che nel primo
trimestre del 2014 si contano, in tutto, 23 mila chiusure aziendali.
Sorge
spontanea una domanda: che fare?
In
Europa, e l'Italia condivide, prevale l'idea dell'austerità anche se da più parti viene riconosciuto
il suo fallimento: perfino il Fmi
se n'è reso conto! L'unica cosa che i governi sanno fare, e quest'ultimo
non si differenzia, è di porre l'attenzione sule politiche del lavoro, convinti
che una sempre maggiore flessibilità favorisca la crescita occupazionale.
L'arte della politica è creare aspettative, convincere la gente che qualcosa
sta cambiando e, qualora non avvenisse, trovare un capro espiatorio. Renzi si
inventa lo spot elettorale degli 80 euro in busta, che non cambia la vita a chi
li riceve, anzi, toglie la possibilità di fare uno stipendio a centinaia di
migliaia di giovani, ma elettoralmente meno influenti; molte persone ci credono
e il novello condottiero, che da Arcore si è spostato a Firenze, distrae la
gente dal decreto Poletti, che per l'ennesima volta, dopo il disastro Fornero,
tenta una più radicale liberalizzazione dei contratti a termine, prevedendo
l'eliminazione dell'obbligo di indicazione della causale economico-organizzativa,
l'aumento del numero delle proroghe possibili e la trasformazione di obblighi
ad assumere in sanzioni amministrative. In sintesi: in cosa consista il
cambiamento di verso proposto da Renzi rimane un arcano da far studiare ai
posteri!
Dallo
studio effettuato ed esposto nell'articolo di Economia e Politica, che vi
esorto ancora a leggere, basato su dati prelevati dal database sulla flessibilità del
mercato del lavoro messo a disposizione dall'Ocse e in relazione all'Employment
Protection Legislation Index (EPL), indice che misura il grado di
protezione dell'occupazione previsto dalla legislazione di un paese, si evince
che: “queste politiche (liberalizzazione dei rapporti di lavoro a
termine) non hanno avuto alcun successo in Europa negli ultimi 25 anni.
Pertanto, non vi sono ragioni per ritenere che l'inserimento di ulteriori dosi
di flessibilità possa in qualche modo contribuire alla ripresa dell'occupazione
in Italia e in Europa”.
Ora,
se è pur vero che certi risultati ottenuti nell'analisi dello studio dovrebbero
essere maggiormente approfonditi a causa di decisioni poco chiare dell'Ocse di
fornire solo “componenti principali
dell'indice Epl”, e che
sembrerebbero dimostrare che “in generale nei paesi dell'Eurozona, dal
1990 ad oggi, la liberalizzazione dei rapporti di lavoro a termine si è
accompagnata con l'aumento della disoccupazione”, certamente, e la prudenza
è d'uopo, “si può concludere che le politiche di liberalizzazione del lavoro
a termine non hanno determinato alcuna crescita occupazionale”.
Ciò
che maggiormente stupisce è che la stessa Ocse ha a più riprese “negato
l'esistenza di una correlazione tra flessibilità e occupazione”; nel 2006
anche l'attuale capo economista
del Fmi scriveva che “le differenze nei regimi di protezione dell'impiego
appaiono largamente incorrelate alle differenze tra i tassi di disoccupazione
dei vari paesi”.
Com'è
possibile che davanti a chiari ed evidenti risultati empirici sia l'Europa che
l'Italia continuano su questa strada, anzi, la inaspriscono, restando
insensibili ai mostruosi costi sociali procurati? Non esiste una sola risposta!
Certamente
sarebbe necessario un uomo politico consapevole di dover fare scelte impopolari
e coraggiose e che non sia condizionato “dall'ansia da prestazione” per essere
rieletto. Scelte che imporrebbero a tutti sacrifici proporzionali a ciò che si
possiede e, soprattutto, a ciò che non si è mai dato.
Sarà
grezzo, semplicistico, anche rozzo e populistico, ma prima il rapporto di
potere era dato da: finanza-killer che usava la politica-arma, la quale
liberizzava lo sfruttamento della massa dei lavoratori da parte delle
industrie. Questo ha permesso la distruzione del cuscino di protezione che
erano le tutele dei lavoratori e le istituzioni che le dovevano gestire. Quindi
la grande massa di persone erano quelle che direttamente o indirettamente
pagavano gli errori dei pochi ricchi. Poi la finanza-killer si è sempre più
impadronita della politica-arma per trasformare la “manifattura” in “carta”
(che errore la sinistra a non dialogare con i micro, piccoli e medi
imprenditori seri!), avendo maggiori guadagni speculando e la “massa” si è
sempre più impoverita, ma rimanendo la fascia che aveva il compito di pagare
l'ingordigia dei pochi. Da ciò è desumibile che per governare è necessario
avere i poteri forti dalla propria parte, e quindi pagare un forte dazio
economico per poterlo fare, per cui alla “massa”, oltre al compito di
continuare a pagare, non resta che farsi illusioni sulle promesse del tribuno
del momento. Sperare nei maghi è meno faticoso che non riprendere in mano la
voglia di decidere il proprio destino; delegare le proprie volontà ad altri ed
attendere le decisioni è diventato costume...direi rassegnazione! Quindi diventa consequenziale dipendere dalle loro elemosine pur di sopravvivere e poi tacere dei loro soprusi.
Al centro di un progetto di sinistra, come ci ricorda André Gorz, non si deve trovare la garanzia di un reddito indipendente dal lavoro o forme di elemosina celate in sostegno di ogni genere (mia aggiunta!), ma il "legame indissolubile tra diritto al reddito e diritto al lavoro. Ogni cittadino deve avere il diritto a un livello di vita normale; ma ognuno deve anche avere la possibilità (il diritto dovere) di fornire alla società l'equivalente in lavoro di ciò che consuma: il diritto, insomma, di 'guadagnarsi da vivere'; il diritto di non dipendere, per la sussistenza, dalla buona volontà di chi detiene il potere di decisione in campo economico, L'unità indissolubile di diritto al reddito e diritto al lavoro è per ciascuno la base della cittadinanza".
Al centro di un progetto di sinistra, come ci ricorda André Gorz, non si deve trovare la garanzia di un reddito indipendente dal lavoro o forme di elemosina celate in sostegno di ogni genere (mia aggiunta!), ma il "legame indissolubile tra diritto al reddito e diritto al lavoro. Ogni cittadino deve avere il diritto a un livello di vita normale; ma ognuno deve anche avere la possibilità (il diritto dovere) di fornire alla società l'equivalente in lavoro di ciò che consuma: il diritto, insomma, di 'guadagnarsi da vivere'; il diritto di non dipendere, per la sussistenza, dalla buona volontà di chi detiene il potere di decisione in campo economico, L'unità indissolubile di diritto al reddito e diritto al lavoro è per ciascuno la base della cittadinanza".
Nessun commento:
Posta un commento