sabato 22 gennaio 2011

TRA DIRITTO E REALTA'

Pur non condividendo sulle conclusioni a cui arriva André Gorz in Metamorfosi del lavoro, credo sia impossibile non condividere quello che lui ritiene la definizione del progetto per una concezione di sinistra della società circa il legame indissolubile tra diritto al reddito e diritto al lavoro : "Ogni cittadino deve avere il diritto a un livello di vita normale; ma ognuno deve anche avere la possibilità ( il diritto dovere) di fornire alla società l'equivalente in lavoro di ciò che consuma:il diritto, insomma, di ' guadagnarsi da vivere', il diritto di non dipendere, per la sua sussistenza, dalla buona volontà di chi detiene il potere di decisione in campo economico. L'unità indissolubile di diritto al reddito e diritto al lavoro è per ciascuno la base della cittadinanza".
Il 20 gennaio, Repubblica ha pubblicato il rapporto "Noi Italia":http://noi-italia.it con un titolo disarmante : " Un giovane su 5 non studia e non lavora. L'Italia ha il primato negativo della Ue". Le cifre, naturalmente, si riferiscono ai dati del 2009, anche se le speranze per un miglior 2010 sono veramente esigue.

Da tale rapporto si evince che in termini di reddito il 10,8% delle famiglie residenti vive in condizioni di povertà relativa, cioè 7,8 milioni di individui. La povertà assoluta coinvolge il 4,7% delle famiglie, per un totale di 3,1 milioni di individui.

Ancora più drammatico è quanto si legge circa il lavoro , la disoccupazione e il sommerso. Circa il 45% dei disoccupati è in cerca di lavoro da oltre 1 anno, una delle quote di disoccupazione di lunga durata (44,4%) più alte nell'Unione europea a 27.

Si rasenta la tragedia quando si getta lo sguardo sul mondo giovanile. L'Italia è prima in Europa per numero di ragazzi che abbandonano gli studi e non lavorano dai 15 ai 30 anni. Il tasso di disoccupazione giovanile ( 15-24 anni) è pari al 25,4% (4 punti in più rispetto al 2008) tenendo conto che la media europea si attesta al 19,8%. E' inquietante, inoltre, che nella fascia di età 15-64 anni sia occupato solo il 57,5%.

I livelli di occupazione femminile restano ben al di sotto delle medie europee. Nel nostro bel Paese quasi il 50% di donne non lavora e/o neanche cerca lavoro. Per non parlare delle notevoli differenze di genere persistenti: le donne occupate sono il 46,4% contro il 68,6% degli uomini.

Con riferimento alla situazione del 2008, la quota di lavoro irregolare è dell'11,9%. Al Sud un lavoratore su cinque può essere considerato irregolare ( nell'agricoltura, addirittura, uno su quattro).

A livello di indice di vecchiaia siamo dietro solo alla Germania, si pensi che al Gennaio 201o per ogni 100 giovani corrispondevano 144 anziani e ciò, unitamente ai dati occupazionali, spiega l'elevata spesa per l'assistenza sociale, pari al 30% dell'intera spesa sociale, circa lo 0,42% del Pil, con un ammontare per abitante superiore ai 7.500 euro annui e ben al di sopra della media dell'Unione.

La brevissima descrizione dei dati ricavati nel rapporto non solo è lontana anni luce dal gorziano progetto di una giusta società, ma nei confronti dei disoccupati non risponde neppure all'art. 4 della Costituzione : "La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto...". Se poi andiamo a leggere l'articolo 36 della Costituzione : " Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionale alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa", allora non si capisce perché circa 10 milioni di individui siano relegati nelle soglie di povertà relativa e assoluta.

Qualcuno propone che sia rivisto il sistema di welfare, troppo costoso, dimenticandosi di valutare il perché di tali costi. Certamente va rivisto, come l'insieme delle politiche del lavoro, dalle quali discendono tali costi, ma è fuori dubbio che la costruzione di un diritto di proprietà sociale, equivalente alla proprietà privata, proposta da Castel, per far fronte alle difficoltà crescenti di protezione dai rischi sociali sia un punto fermo per una "giusta" società. Per Solow il welfare deve evitare "un mercato lasciato libero di agire (che) abbandona una certa porzione di cittadini, che spesso include numerosi bambini, in uno stato di profonda indigenza". Oltre ad avere il compito, come scrive Supiot di far sperare, anzi, gettare le basi, in una nuova figura, " quella di un lavoratore che riesca a conciliare sicurezza e libertà".










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