venerdì 28 gennaio 2011

La necessità di un "saper essere" e un "saper fare" equilibrato

Nelle fabbriche del periodo taylor-fordista era preminente il saper fare proprio per l'impostazione rigida sia della produzione che della struttura aziendale. Non era necessario avere capacità relazionali o creative in un lavoro dettato da ferree regole produttive e da una rigida struttura di comando piramidale. Quello che era richiesto, qualora ce ne fosse stato bisogno, era solo il saper fare o, al limite, erano necessarie solo la forza e la volontà. Tutto era scritto, determinato e impostato dall'alto, quindi sul posto di lavoro era sufficiente portare le braccia e non la testa. Oggi le aziende hanno sempre più bisogno di personale specializzato, che sappia lavorare in gruppo, che sappia relazionarsi,  che abbia le capacità di leggere e rispondere alle continue sollecitazioni del mercato e trasformarle in adattamenti produttivi e, soprattutto, oggi c'è la necessità, come dice Serafino Negrelli, in Sociologia del lavoro, che da una funzione "di semplice servizio di sorveglianza della macchina" si passi a "un'attività di conduzione, che è più di tipo mentale che pratica e manuale". Naturalmente ciò implica che il conduttore sia a conoscenza di tutti i fattori importanti della produzione. Come scrive ancora Negrelli: " l'obiettivo è di accrescere proprio le competenze sociali ovvero di sviluppare le capacità relazionali dei lavoratori, insieme alla loro abilità professionale. Alla nuova prevalente figura del 'conduttore di impianti' è richiesta non solo la capacità di diagnosi, ma soprattutto padronanza di comportamento nel saper lavorare in squadra e avvalersi dell'assistenza di altri lavoratori qualificati".

Abbiamo visto che da un agire orientato al risultato ( saper fare) si passa ad un agire riferito al processo, che richiede soprattutto padronanza intellettuale del ciclo di lavorazione e quindi un comportamento lavorativo del saper essere, perché, come scrive Robert Reich: " poiché non è possibile definire in anticipo i problemi e le soluzioni, scambi di idee frequenti e informali servono a garantire che si faccia il miglior uso di intuizioni e scoperte e che queste siano sottoposte a una tempestiva valutazione critica".

Quanto esposto da Negrelli è estendibile a qualsiasi funzione produttiva e non solo ai conduttori, in quanto è e dovrà essere una filosofia applicata al lavoro, che, se da una parte valorizza il lavoro e il lavoratore, dall'altra dovrà essere sempre più effettiva esigenza degli imprenditori se vorranno rispondere a un mercato sempre più nevrotizzato. La pena sarà l'esclusione dalla competizione. D'altronde il fondatore e presidente della Sony è molto chiaro: un'azienda non farà mai strada se il compito di pensare è lasciato a chi dirige. Nell'azienda tutti devono contribuire, e il contributo dei dipendenti dei gradini più bassi non deve limitarsi al lavoro manuale. Noi insistiamo perché tutti i dipendenti contribuiscano con il cervello [...] Dopo tutto chi ci potrebbe indicare meglio come organizzare nel dettaglio il lavoro, se non le persone che lo fanno?"

Anche per Reich è importante lo sviluppo delle capacità delle relazioni sociali dei lavoratori, in un'azienda con organizzazione a 'tela di ragno' e scrive:  i responsabili della intermediazione strategica stanno al centro, ma ci sono connessioni di tutti i generi, che non li interessano direttamente, mentre nuove connessioni vengono continuamente create [...] le specializzazioni individuali sono combinate in modo che la capacità di innovazione del gruppo è un pò superiore alla somma delle singole parti [...] Imparano il modo di aiutarsi vicendevolmente per ottenere risultati migliori, si rendono conto del contributo che i singoli possono apportare a un determinato progetto e del modo migliore per acquisire insieme una maggiore esperienza. Ogni partecipante al lavoro di gruppo cerca di scoprire idee che possano far progredire il gruppo. Non è possibile tradurre un'esperienza e una comprensione collettiva di questo genere in procedure operative standard da trasferire facilmente ad altri lavoratori e ad altre organizzazioni. Ciascun punto notale del reticolo aziendale rappresenta una combinazione unica di capacità".

Vogliamo concludere analizzando il concetto di "creatività" di Florida, partendo dalle considerazioni che fanno seguito alle sue numerose ricerche sul campo, e cioè al fatto che le persone chiedono sempre più di "partecipare a qualcosa che veda la luce del giorno", di "portare al lavoro se stessi", di vedere riconosciuto il loro contributo, elementi costitutivi di un rafforzamento dell'autostima e della creatività.

La creatività non è esclusiva di un ristretto gruppo di privilegiati, ma si estende ( o dovrà estendersi) ad ogni funzione produttiva e gestionale, al di là dello status occupazionale, classe o settore. Se ciò non fosse, la creatività troverebbe ostacoli certi alla propria messa in atto; e sarebbe veramente vano avere un gruppo di creativi isolati. Il risultato della loro creatività dovrebbe essere fatto mettere in esecuzione attraverso procedure, regole e istruzioni, che poco  o nulla si distinguerebbe dal sistema taylor-fordista. I 'punti nodali' di florida sono disseminati in tutta l'organizzazione a 'ragnatela', quindi in ogni comparto aziendale, e creativo è, ad esempio, chi propone una geniale modifica ad un prodotto per rispondere a certe esigenze di mercato, ma creativo è anche l'operaio che propone come sfruttare l'impianto in dotazione per fare tale prodotto, magari evitando investimenti superflui.

La creatività non si insegna, la si può aiutare, la si può stimolare e , soprattutto, si possono e si devono creare i presupposti ambientali e sociali per coltivarla. La creatività è figlia naturale della partecipazione, dello scambio di idee e, soprattutto, presuppone un effettivo cointeressamento e la consapevolezza che il proprio supporto è ben accetto agli altri. Non esiste un indice di misurazione della creatività, esiste la creatività in se stessa. Semmai esiste un ambiente in cui ti viene chiesto di dare ' del tuo' e poi ti viene concessa l'opportunità dell'esperienza e della professionalizzazione, in base alla quale maturare ed accrescere anche la creatività.

In prima analisi sembrerebbe il nuovo paradiso del lavoratore, mentre sappiamo bene che l'altra faccia della medaglia è lo sforzo dello sviluppo continuo e personalizzato della formazione, maggiore stress, maggiori assunzioni di responsabilità e ritmi di lavoro elevati, ma, se tutto ciò fosse supportato da un adeguato trattamento economico, da un'effettiva partecipazione e, soprattutto, da un'equilibrata ripartizione tra il tempo del lavoro e il tempo del lavoratore, non vi sono dubbi che rispetto al lavoro taylor-fordista, dove la testa la potevi lasciare a casa, solo il sentimento dell'autostima farebbe propendere per questo nuovo lavoro. Ed è a questo lavoro che le aziende dovranno sempre più guardare, valorizzando i lavoratori e il lavoro di gruppo, che vuol dire, in definitiva, dare sicurezza del posto di lavoro, conditio sine qua non per fare l'investimento del proprio futuro in qualcosa in cui si crede e valga la pena di fare sacrifici.


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