giovedì 6 novembre 2014

Non siamo più bambini

Quando ero piccolo non avevo molti giochi, anzi, è forse più corretto dire che non li avevo e insieme ai miei compagni di avventura li inventavamo e la strada era grande maestra.
Vicino a casa mia stava un amico di famiglia benestante, con una bella casa e un gran bel giardino ma, soprattutto, aveva bei giocattoli e spesso invitava me e i miei amici a giocare con lui. Aveva dei soldatini, indiani e cowboys meravigliosi: perfetti nella forma e nei colori, oltre che molto grandi. A confronto i nostri erano dei rinsecchiti e minuscoli pezzetti di plastica scarta e decifrare se era un guerriero  indiano o una squaw era un'impresa...ci salvava solo se c'era il tentativo di un presunto arco con frecce!
Credo che siano stati l'unica cosa che abbia mai invidiato ad un amico!
Quando ci invitava (e noi accettavamo con piacere misto ad ansia) l'unica cosa che c'era concesso di fare era guardare. Guai a toccare un soldatino o a suggerire l'impostazione del campo di battaglia; meno che meno a condividere chi far morire o far vincere...e poi non riuscivo a capire perché dovevano vincere sempre i soldati e mai gli indiani...perché i cowboys erano sempre buoni, i soldati a seconda della guerra inventata e gli indiani sempre stronzi! Per me, che amavo più Penna di Falco che Rin Tin Tin (due serie di telefilm della Tv dei ragazzi di una Rai preistorica) era una insopportabile sofferenza...pari a dover stare solo a guardare.
Un giorno attesi che impostasse il suo consueto campo di battaglia tra le camice blu e gli indiani e davanti a tutti lo sfidai ad uccidere il mio “Penna di Falco” , se me lo avesse lasciato posizionare a mio piacimento. Sapevo della sua teoria su chi doveva morire e balisticamente come, per cui ero certo che non avrebbe mai potuto colpirlo, ma non ero ancora sufficientemente carogna contro la carognaggine di chi è padrone dei giochi (e i bambini, pur non volendo, sono maestri!): consapevole di aver perso, ma forte del possesso, voleva convincere tutti che un soldato, anzi, una camicia blu poteva sparare con il fucile contro un masso, che rimbalzava su di un altro e che lo lanciava su di un terzo per colpire sulla schiena un indiano, in caso contrario sarebbe andato in casa e noi saremmo dovuti andar via. E pensare che l'indiano l'avevo sotterrato e circondato da pietre!
Fu l'ultima volta che giocai in quel giardino, perché, dopo un saluto volutamente colorito, tornai ai miei giochi di strada e continuai a costruirmi archi con le stecche dell'ombrello e le frecce con cannette imbottite di stracci all'estremità e i fucili con bastoni di scopa, mollette per stendere la biancheria ed elastici recuperati dalle camere d'aria delle biciclette; a volte vincevano anche gli indiani e soprattutto ero felice di partecipare e far partecipare a battaglie infinite con i miei avventurosi amici: che tu fossi un indiano “sempre cattivo” o un soldato all'occasione ”buono” se venivi colpito o eri morto o ferito e lo decideva solo la parte del corpo colpita e non il capriccio di chi era padrone dei giochi.
I telefilm erano belli anche dal figlio del postino, anche se seduti in terra in cucina; la strada era più grande del bel giardino e per merenda era buono anche il pane con acqua e zucchero anziché cioccolata. 
Il sogno di poter toccare giocattoli belli  e inarrivabili per i molti aveva attirato tutti...ma  il fatto di continuare a rimanere un desiderio...e le promesse mai mantenute lo lasciarono solo. 
Ogni volta che penso a Renzi mi viene in mente questa storia; ogni volta che ho dispiacere di leggere di Salvini  mi chiedo chi avrebbe scelto tra Rin Tin Tin e Penna di Falco, visto che Lussana, direttrice della Padania, dice che la Lega non è razzista ma “difende i nativi”.
Ogni volta che penso ai lavoratori, che da oltre vent'anni vengono privati della loro dignità e dei loro diritti, mi chiedo se non sia il caso di uscire dal bel giardino che non c'è, di smettere di delegare agli altri la propria volontà e di riconquistare il diritto di partecipare alle battaglie del proprio futuro.


2 commenti:

  1. Venerdì sciopero motivato dalle manganellate di Roma.
    Però siamo in Cassa Integrazione.
    Espongo nella bacheca il volantino e da parte un mio commento che termina con
    "... non ci sono scuse",
    rivolto specialmente ai "Rivoluzionari dei distributori automatici.
    Alla manifestazione come al solito ero l'unico dipendente della "Mia" azienda.
    Disarmante...

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