Quando
ero piccolo non avevo molti giochi, anzi, è forse più corretto dire che non li
avevo e insieme ai miei compagni di avventura li inventavamo e la
strada era grande maestra.
Vicino
a casa mia stava un amico di famiglia benestante, con una bella casa e un gran
bel giardino ma, soprattutto, aveva bei giocattoli e spesso invitava me e
i miei amici a giocare con lui. Aveva dei soldatini, indiani e cowboys
meravigliosi: perfetti nella forma e nei colori, oltre che molto grandi. A
confronto i nostri erano dei rinsecchiti e minuscoli pezzetti di plastica
scarta e decifrare se era un guerriero
indiano o una squaw era un'impresa...ci salvava solo se c'era il
tentativo di un presunto arco con frecce!
Quando
ci invitava (e noi accettavamo con piacere misto ad ansia) l'unica cosa che
c'era concesso di fare era guardare. Guai a toccare un soldatino o a suggerire
l'impostazione del campo di battaglia; meno che meno a condividere chi far
morire o far vincere...e poi non riuscivo a capire perché dovevano vincere
sempre i soldati e mai gli indiani...perché i cowboys erano sempre
buoni, i soldati a seconda della guerra inventata e gli indiani sempre stronzi!
Per me, che amavo più Penna di Falco che Rin Tin Tin (due serie
di telefilm della Tv dei ragazzi di una Rai preistorica) era una insopportabile
sofferenza...pari a dover stare solo a guardare.
Un
giorno attesi che impostasse il suo consueto campo di battaglia tra le camice
blu e gli indiani e davanti a tutti lo sfidai ad uccidere il mio “Penna di
Falco” , se me lo avesse lasciato posizionare a mio piacimento. Sapevo della
sua teoria su chi doveva morire e balisticamente come, per cui ero certo che
non avrebbe mai potuto colpirlo, ma non ero ancora sufficientemente carogna
contro la carognaggine di chi è padrone dei giochi (e i bambini, pur non
volendo, sono maestri!): consapevole di aver perso, ma forte del possesso,
voleva convincere tutti che un soldato, anzi, una camicia blu poteva sparare
con il fucile contro un masso, che rimbalzava su di un altro e che lo lanciava
su di un terzo per colpire sulla schiena un indiano, in caso contrario sarebbe andato in casa e noi saremmo dovuti andar via. E pensare che l'indiano l'avevo
sotterrato e circondato da pietre!
Fu
l'ultima volta che giocai in quel giardino, perché, dopo un saluto volutamente colorito, tornai ai miei giochi di strada e continuai a
costruirmi archi con le stecche dell'ombrello e le frecce con cannette imbottite di stracci all'estremità e i fucili con bastoni di scopa,
mollette per stendere la biancheria ed elastici recuperati dalle camere d'aria
delle biciclette; a volte vincevano anche gli indiani e soprattutto
ero felice di partecipare e far partecipare a battaglie infinite con i miei
avventurosi amici: che tu fossi un indiano “sempre cattivo” o un soldato
all'occasione ”buono” se venivi colpito o eri morto o ferito e lo decideva solo
la parte del corpo colpita e non il capriccio di chi era padrone dei giochi.
I telefilm erano belli anche dal figlio del postino, anche se seduti in terra in cucina; la strada era più grande del bel giardino e per merenda era buono anche il pane con acqua e zucchero anziché cioccolata.
Il sogno di poter toccare giocattoli belli e inarrivabili per i molti aveva attirato tutti...ma il fatto di continuare a rimanere un desiderio...e le promesse mai mantenute lo lasciarono solo.
Ogni
volta che penso a Renzi mi viene in mente questa storia; ogni
volta che ho dispiacere di leggere di Salvini mi chiedo chi avrebbe scelto tra Rin Tin Tin e Penna di
Falco, visto che Lussana, direttrice della Padania, dice che la Lega non è razzista ma “difende i nativi”.
Ogni
volta che penso ai lavoratori, che da oltre vent'anni vengono privati della
loro dignità e dei loro diritti, mi chiedo se non sia il caso di uscire dal bel
giardino che non c'è, di smettere di delegare agli altri la propria volontà e
di riconquistare il diritto di partecipare alle battaglie del proprio futuro.
Venerdì sciopero motivato dalle manganellate di Roma.
RispondiEliminaPerò siamo in Cassa Integrazione.
Espongo nella bacheca il volantino e da parte un mio commento che termina con
"... non ci sono scuse",
rivolto specialmente ai "Rivoluzionari dei distributori automatici.
Alla manifestazione come al solito ero l'unico dipendente della "Mia" azienda.
Disarmante...
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