lunedì 9 gennaio 2017

Caro Staino, ma la sua era satira?

 In una lettera indirizzata a Susanna Camusso e pubblicata sull'Unità, Staino si eleva a gran buon vecchio e, dopo averle ricordato gli eroici tempi di Lama e Trentin, si sente in dovere di farle una tirata di orecchie e le ricorda che “Un sindacato non può rimanere sulle barricate a tempo indeterminato aspettando che si cambi il governo” e la esorta a confrontarsi con la politica a dialogare, a contrattare, tenendo il sindacato lontano dalle singole strategie dei partiti. Naturalmente non si dimentica di rilevare al segretario della CGIL che pure il suo sindacato, che si è opposto ai voucher, li ha utilizzati per pagare alcuni lavoratori.


Premesso che è ormai da molto tempo che non seguo più le vicende sindacali, o meglio, che mi sono staccato dai sindacati e dalla CGIL perché li ho visti trasformarsi sempre più in apparati intenti a difendere i propri privilegi, sia personali che di organizzazione, oltre a considerarli colpevoli di non aver capito come si stava trasformando il mondo del lavoro e, tragicamente colpevoli, di non aver fatto “veramente le barricate” in difesa del diritto dei lavoratori, anche quando UIL e CISL si erano vendute a Marchionne e Berlusconi. Forse è per questo che non mi scandalizzo se fosse vero il fax che girava all’interno della CGIL, dove si esortava a dire che l’utilizzo dei voucher era stato occasionale. Questo post non lo scrivo in difesa del sindacato che un tempo fu mio e con il quale ho portato avanti lotte incredibili, con sconfitte cocenti e vittorie stupende, e che oggi mi è così lontano che sembra quasi impossibile che gli abbia dedicato tanta passione e vita. Mi irrita, anzi lo voglio dire, mi fa incazzare che Staino si permetta di pontificare, dicendo cose non vere e tacendo sul fatto che il politico a cui ha obbedito e il governo a cui obbedisce ha voluto subito lo scontro a ragion veduta con la CGIL; si dimentica di spiegare dove e quale sia la politica con la quale la Camusso dovrebbe dialogare; dovrebbe spiegare, a disattenti osservatori come noi, di “quali barricate parla” perché  temiamo che siano così piccole che ci sono sfuggite; pare che il noto vignettista viva in un mondo diverso dal nostro, tanto che non si è neppure accorto della “differenza di spessore” tra i politici con cui dialogavano Lama e Trentin e, per quanto valga poco, con chi debba dialogare oggi la Camusso. Un tempo c’erano schieramenti certi e contrapposti, oggi non solo non esistono più differenze tra un partito e l’altro, ma si è tutto appiattito a destra o simil destra, basti immaginare che sull’Unità, un tempo organo di partito ed oggi di Governo, scrivono personaggi come Rondolino, che non solo non è mai stato di sinistra, ma credo rappresenti il trasformismo più becero e volgare, oggi molto in uso in politica, anche se si sforzano  di spiegare ai cittadini che non è “un tradimento ma una presa di visione”!!!
Non mi interessa prendere le difese della CGIL, tra l’altro lo hanno fatto molto bene i suoi dirigenti, dando una lezione di stile, opportunità e intelligenza, ma vorrei puntare il dito sulla politica (e tralascio il governo caduto e la copia attuale)  con la quale dovrebbe essere costruito un dialogo non solo con i sindacati ma anche con i cittadini e nel 2016:
1. A Montecitorio 146 (dis)onorevoli hanno cambiato almeno una volta il partito su un totale 
    di 205  
2. Al Senato sono stati 117 su un totale di 175 cambi
3. Nella XVII legislatura 263 parlamentari hanno cambiato gruppo (27,68%) per un totale di 380 cambi!!!
Sarà sfuggito al direttore dell’Unità che il partito che ha maggiormente beneficiato di questo trasformismo è stato il PD e, subito dopo, i partiti che puntellavano il governo Renzi e l’attuale governo-copia. E’ vero che in Italia siamo la minoranza, ma se volesse convincere anche noi a farci cambiare casacca, dovrebbe spiegarci come sia possibile instaurare un discorso con una politica così trasformista, così instabile, così attenta solo al girare del vento e sempre pronta a scendere o salire sul carro vincente a seconda degli eventi. Per far bene una cosa è necessario crederci e oggi il politico ha dato segno di credere solo alla “poltrona”, ad ogni costo e al di là della dignità. Credo che anche Bobo stia prendendo le distanze da lei! La politica, quella odierna, l’ha davanti agli occhi ogni giorno, basta guardare il suo condirettore, l’onorevole Andrea Romano.
Si potrebbero discutere sui meriti acquisiti per ricoprire tale incarico, però ci ricordiamo qualche commento sulla Stampa, Il Sole 24ore e il Riformista, e il problema non sono i gradi conquistati con il lavoro, ma come sono stati conquistati. E’ una storia molto uguale a tanti uomini di sinistra, che per rimanere nei palazzi o per storie personali (sessantottini arrivati al successo, e ce ne sono nelle televisioni e nei giornali e in posizioni di prestigio) sono diventati peggiori della peggiore destra.
Il nostro onorevole, Andrea Romano, che ha fatto la tesi di laurea sull’Armata Rossa, si iscrive al Pds a metà anni ’90; tra le tante cose diventa sottosegretario agli esteri con Ranieri; in quel periodo è vicino alle posizioni della destra diessina di Giorgio Napolitano.
Fonda con Massimo D’Alema e Giuliano Amato la Fondazione Italianieuropei (D’Alema gli piaceva negli anni ’90 per la sua Rivoluzione liberale) ed aveva come stretto collaboratore Cuperlo (come si intreccia la storia con i sui rimandi!). Ufficialmente per delusione, ma sono convinto che era nel suo DNA, incontra sulla strada di Damasco Luca Cordero di Montezemolo e poco dopo dirige Italia Futura, naturalmente rimanendo nei palazzi che contano. E’ fortemente convinto delle sue idee che sceglie di entrare in Scelta Civica di Monti, diventandone Capogruppo alla camera, ma è talmente scaltro e bravo che ne esce furbescamente prima che questa si sfasci. Uno come lui, “attento al contesto storico, all’era e alla fase…e attento a seguire dove vanno gli elettori”, riesce a diventare il nuovo portabandiera renziano, tanto da avere l'incarico (povera Unità!) di convincere gli elettori del Pd a votare SI al referendum costituzionale e noi, onestamente e fortunatamente, contavamo sulle sue indiscusse qualità.
Caro Staino, concludo riportando testualmente ciò che Le hanno risposto i dirigenti della CGIL, che credo basti e avanzi:
Tu hai creato quell’indimenticabile personaggio che è Bobo: ironico, critico e a volte dissacrante. Non vorremmo dover constatare che il diritto di critica e la mobilitazione sociale valgono ormai, per un pezzo di “compagni di strada”, solo per i personaggi dei fumetti e non per le persone in carne ed ossa”.




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