Grida pur, saggio amico, a tuo talento.
Connaturata la miseria al mondo;
io so che in petto un intimo e profondo
eterno grido accusator mi sento;
e fin che d'un tapin odo il lamento
e una moneta in un piacer profondo
reo mi tengo, e tal sono; e in cor nascondo
un senso di vergogna e di sgomento.
E spesso al desco mio parco, ma lieto,
col pan lasciando ricader la mano,
taccio, assalito da un terror secreto,
e sento alti singhiozzi e voci d'ira
d'un desolato popolo lontano
che maledice a la mia mensa e spira.
Povere bimbe con le vesti a brani
curve sull'ago in abituri infetti,
madri che al seno con le scarne mani
vi stringete i morenti pargoletti,
tristi fanciulli per le vie costretti
il tozzo immondo a disputar coi cani.
Vecchi che brancolate oggi, sorretti
dalla speranza di morir domani,
misera gente che la morte oblia.
Martoriati scheletri viventi
per cui tutta la vita è un'agonia,
quante volte nell'intimo core,
al mio stato pensando e ai vostri stenti,
mi par d'essere un ladro e un impostore.
(Edmondo De Amicis, 1882)
domenica 7 aprile 2013
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