sabato 12 marzo 2011

CONCILIARE IL TEMPO DI LAVORO CON IL TEMPO PER LA FAMIGLIA

Abbiamo ancora a memoria il testo di Alain Supiot, Il futuro del lavoro, elaborato per la Commissione europea, per non apprezzare l'intesa di creare un tavolo tecnico, da parte del Governo e delle parti sociali, sulle linee guida per la conciliazione degli orari tra lavoro e famiglia. La soddisfazione è maggiore, in quanto la pre-intesa è stata firmata anche dalla Cgil. Per la prima volta, rendiamo merito al Ministro Sacconi  sia dell'avvio di questa importante iniziativa e sia per l'intenzione espressa: "un atto concreto in favore delle donne e della famiglia". Conciliazione orari lavoro-famigliaVediamo nello specifico cosa dovrebbe riguardare questo tavolo tecnico, che dovrà concludere i lavori entro 90 giorni, quindi, a distanza di un anno, verificare il grado di diffusione di tali pratiche.

Impiego del telelavoro in alternativa ai congedi parentali o facoltativi; orari flessibili in entrata e in uscita per madri e padri entro i primi tre anni del bambino; trasformazione temporanea del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale per i primi cinque anni del bimbo o per assistere genitori e familiari in rilevanti esigenze di cura; possibilità di una flessibilità di orari concentrati, intesi cioé come orario continuato dei propri turni giornalieri; possibilità, da parte dei datori di lavoro ai propri dipendenti, di buoni lavoro per lo svolgimento da parte di terzi di prestazioni occasionali di tipo accessorio per le attività domestiche e di cura. Nel pacchetto si prevede anche il via libera ad asili nido aziendali o interaziendali, servizi collettivi di trasporto da e per gli asili pubblici; la possibilità di ususfruire di due settimane per l'inserimento dei bimbi alle scuole materne e al primo anno delle elementari. Dovrà essere anche definita una banca ore, anche ad hoc per genitori con bimbi sino ai 24 mesi, che potrebebro avere diritto, su loro richiesta, a percepire la sola maggiorazione accantonando le ore straordinarie in un conto ore e dei regimi specifici modulati su base semestrale o annuale. Un primo inizio che, si spera, possa essere esteso anche per i lavori socialmente utili, per la formazione, per il volontariato ecc.
Se, da una parte, ci rallegra questa iniziativa, non possiamo esimerci dal fare alcune considerazioni che, se non gestite nel modo migliore, potrebbero annullare o ritardare l'applicazione del progetto descritto.
Leggiamo su Repubblica, il boom dei fallimenti nel 2010: 11 mila aziende, che nel 2010 si è registrato il boom dei fallimenti  delle aziende, 11 mila: esattamente il 20% in più del 2009, che aveva registrato un più 25% rispetto al 2008. Tra l'altro le aziende dove si registra la maggior quantità di fallimenti sono del settore industriale. Sarebbe un non senso lavorare ad un tavolo tecnico per conciliare le ore di lavoro con le ore per la famiglia, se le  prime non ci sono, trasformando le seconde in tragedia. Per quanto il progetto sia fondamentale, diventa prioritario fare un tavolo tecnico per "creare lavoro" oltre a "mantenere e potenziare quello che abbiamo". Diventa prioritario "creare una politica dei giovani", che veda il loro inserimento nel mondo del lavoro, che li veda attori principali nello sviluppo anche di microimprese, magari lanciando iniziative di supporto per giovani che si associano per lo sviluppo di un progetto. Anziché continuare a dare agevolazioni fiscali alle aziende che assumono, sarebbe un'ottima soluzione spendere tali agevolazioni dando una garanzia di protezione a quelle microimprese, fatte da giovani, se non dovessero farcela: perché oltre al capitale perso, sarebbe assurdo che perdessero anche ciò che è stato dato in garanzia, offrendo quella sicurezza in più a tentare la via dell'impresa, almeno nei primi due o tre anni. E ciò non dovrebbe essere visto come  una forma di "concorrenza sleale". 
Tutti giornali che non sostengono il nostro governo sono stigmatizzati come "comunisti", "disfattisti"o "corvi", quindi, per rimanere al di fuori  della mischia,  riportiamo stralci di un articolo del Sole 24 Ore, le aziende restano sole dopo tante chiacchiere, relativo al piano di interventi per il rilancio delle Pmi : " [...] per Silvio Berlusconi sarebbe stata la 'frustata', la 'riscossa' per far ripartire il paese. Un mese dopo, del pacchetto presentato enfaticamente dal governo il 9 febbraio, resta il soffio impalpabile degli abissi iperuranici [...] Da subito il piano aveva perso il disegno di legge sulle liberalizzazioni del ministro Romani: dopo gli annunci, il consiglio dei ministri neppure lo aveva discusso. Il decreto incentivi è caduto poco dopo, per aver superato in parlamento i tempi previsti per esercitare la delega: si dovrà ripartire da zero. Sulle semplificazioni, altro provvedimento molto atteso dalle imprese, il governo si era impegnato su una approvazione in tempi strettissimi. Niente da fare. Per oltre un mese tra i ministri si è discusso su come accelerare l'iter delle autorizzazioni per i nuovi stabilimenti o per adempiere alle normative ambientali, ma ieri Calderoli ha dovuto prendere atto della necessità del rinvio. Resta in piedi solo il disegno di legge dell'articolo 41 della Costituzione per favorire la libertà di impresa " che non è certo una scossa immediata, visto che per modificare un articolo della Costituzione servono tempi molto lunghi. Non una parola di più per descrivere l'attenzione e l'impegno del governo al rilancio del Paese.
L'altra considerazione, che poi diventa una contraddizione all'ipotesi di progetto descritto, sono i contenuti dell'ipotesi di accordo stipulato per il settore del commercio e del terziario (3.000.000 di lavoratori), un contratto per schiavi azzera l'unità sindacale in cui, sinteticamente si evidenzia: se un lavoratore si ammala, le prima due volte gli sarà corrisposto il 100% del salario dei giorni di assenza; il 50% nella terza e quarta occasione; più niente nelle successive (salvo, naturalmente, le patologie che richiedono trattamenti "salvavita" o ricoveri in ospedale). Inoltre nell'accordo viene assunto pienamente il "collegato lavoro": in pratica, se un lavoratore si trovasse a dover sottoscrivere un contratto di qualsiasi tipo, dovrà scegliere se firmare una clausola per la quale, in ogni caso, rinuncia in futuro a ricorrere al magistrato del lavoro; oppure al posto che gli viene offerto. In cambio potrà rivolgersi a una commissione bilaterale, composta in parti uguali da funzionari dell'impresa e sindacati firmatari dell'accordo. Il periodo di prova viene esteso di 15 giorni, il che rende possibile aggirare quella norma di legge che impone l'assunzione a tempo indeterminato dopo 36 mesi di precariato rinnovato. Inoltre un contratto aziendale non può più "migliorare" quello nazionale, perché ogni intesa dovrà essere "finalizzata al miglioramento della produttività, competitività ed efficienza". Mentre l'impresa potrà chiedere un peggioramento delle condizioni contrattuali in caso di crisi, sviluppo, occupazione o situazioni legate al Mezzogiorno. Naturalmente questa ipotesi di accordo non è stata firmata dalla Fiom che, dopo i metalmeccanici e la scuola, si trova fuori anche da questo settore. Per maggiore approfondimento consigliamo la lettura dell'articolo.
L'ipotesi di accordo sulla conciliazione fra il tempo del lavoro e il tempo per la famiglia è un ottimo progetto, ma ciò che ci rende scettici sul risultato sono alcuni elementi base: è possibile e potrà avere  "solide basi" se c'è lavoro; se i rapporti fra impresa e lavoratori fanno parte di un percorso di consolidamento quotidiano; se c'è, attivo, propositivo e attento, un governo sensibile al mondo del lavoro  e non plaudente solo a decisioni unidirezionali;  se i rapporti fra le parti sociali sono collaborativi e non conflittuali o mirati a isolarne delle componenti; se, soprattutto, tutti i soggetti interessati ritornano alla consapevolezza dell'importanza sociale del lavoro. Senza tutto questo, è come costruire un palazzo di quindici piani senza solide fondamenta. 
In un precedente post, SEMPRE PIU' POVERI: basta proclami,  evidenziavamo questa cronica anomalia del governo, cioè di lanciare proclami e poi lasciare decadere le cose promesse con molta enfasi propagandistica, oppure, ed è decisamente peggio, dimenticarsele per problemi che non hanno niente a che vedere con le cose serie che chi è preposto alla cosa pubblica dovrebbe fare. 








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