lunedì 24 gennaio 2011

L'IMPORTANZA DELLA FORMAZIONE

Un antico proverbio cinese dice: "Quando fai piani per un anno, semina grano. Se fai piani per un decennio, pianta alberi. Se fai piani per la vita, forma e educa le persona". 

Per Bauman la formazione e l'apprendimento, perché siano utili, "devono essere continui, anzi permanenti, cioè protrarsi per tutta la vita" in quanto la "costituzione dei sé o delle personalità è impensabile in qualsiasi altro modo che non sia quello di una formazione costante e perennemente incompiuta"; in nessuna altra epoca come nell'attuale l'atto di scegliere "è stato mai compiuto in simili condizioni di dolorosa e insanabile incertezza, sotto la costante minaccia di 'restare indietro' e di essere esclusi irrevocabilmente dal gioco per non avere tenuto testa alle nuove esigenze".

Pur condividendo con Supiot circa la necessità che ci sia un avvicinamento dell'università al mondo del lavoro e viceversa, e che la formazione è anche compito delle imprese, siamo altresì convinti che la formazione del lavoro, che è soprattutto specialistica, deve essere figlia dell'istruzione accademica. In Europa sono stati fatti tentativi più o meno validi in questa direzione, come in Svezia, dove il ministero dell'Educazione permette agli studenti del terzo anno universitario di ricevere una formazione pratica piuttosto che teorica, considerandola parte integrante del corso universitario, ricevendo il consenso favorevole delle parti sociali. Non è in questa sede, ma lo faremo, valutare se sia più o meno opportuno l'inserimento dei privati nell'università e in che modo gestirli. 

Quello che ci preme, per esprimere a fondo ciò che è per noi l'università, è di trascrivere un lungo brano tratto dal libro di Bauman, La società individualizzata: L'onere della formazione professionale si allontana gradualmente ma progressivamente dall'università, e ciò si riflette ovunque nella sempre minore propensione dello Stato a finanziarle con denaro pubblico. Sorge il sospetto che il fatto che non si sia ancora verificato un netto calo delle immatricolazioni nelle università dipenda in larga misura dal loro ruolo imprevisto e non contrattato di approdo temporaneo in una società afflitta da una disoccupazione strutturale: il ruolo di uno strumento che permette ai nuovi arrivati di rinviare di qualche anno il momento della verità che giunge quando si è costretti a fronteggiare le dure realtà del mercato del lavoro [...] Buon per le università che ce ne siano così tante, che nessuna sia esattamente uguale all'altra e che all'interno di ciascuna università esista una varietà sconcertante di dipartimenti, scuole, stili di pensiero, stili di conversazione e addirittura stili di interesse stilistico. Buon per le università che, nonostante tutti gli sforzi di provare il contrario compiuti da sedicenti salvatori, esperti e benintenzionati, esse non siano paragonabili né misurabili con lo stesso metro di valutazione e - cosa più importante di tutte - non parlino all'unisono. Solo università del genere hanno qualcosa di prezioso da offrire a un mondo polifonico di bisogni scoordinati, di possibilità autogenerate e di scelte che si moltiplicano. In un mondo in cui nessuno è in grado (anche se molti lo fanno, con conseguenze che vanno dall'irrilevante al disastroso) di prevedere il tipo di conoscenza che può essere necessario domani, i dibattiti che possono aver bisogno di mediazione e le credenze che possono necessitare di interpretazione, il riconoscimento di molte modalità diverse e di molti canoni diversi negli studi superiori è la conditio sine qua non  di un sistema universitario capace di rispondere alla sfida postmoderna.

La speranza della Commissione europea, nella comunicazione del 21 novembre 2001, Realizzare uno spazio europeo dell'apprendimento permanente, era di dare pieni poteri ai cittadini ( empower), a seguito dell'apprendimento permanente, ma perché ciò possa avvenire si richiede, come scrive Bauman:" che si acquisiscano non solo le abilità necessarie per giocare con successo un gioco progettato da altri, ma anche poteri per influenzare gli obiettivi, le poste e le regole del gioco", perché "l'empowerment richiede la costruzione e ricostruzione dei legami umani e interumani"  che si concretizzano nella "ricostruzione dello spazio pubblico, progressivamente abbandonato, in cui gli uomini e le donne possono impegnarsi in una continua traduzione tra ciò che è individuale e ciò che è comune, tra interessi, diritti e doveri privati e pubblici.

Oggi le persone sono sempre più distanti e disinteressate della politica e del funzionamento del processo politico, ma dobbiamo tener presente che le libertà dei cittadini non sono acquisite una volta per tutte e, tanto meno, sono al sicuro, come ricorda ancora Bauman, da attacchi esterni: Le libertà sono piantate e radicate in un suolo sociopolitico che richiede di essere concimato quotidianamente ed è destinato a inaridirsi e sbriciolarsi se non viene coltivato giorno dopo giorno dalle azioni informate di un pubblico competente e impegnato. Non sono soltanto le abilità tecniche a dover essere aggiornate continuamente, non è soltanto la formazione orientata al lavoro a dover essere permanente. Ne ha bisogno, e con urgenza ancora maggiore, anche la formazione alla cittadinanza [...] L'ignoranza produce la paralisi della volontà. abbiamo bisogno della formazione permanente per darci un'alternativa. Ma ne abbiamo bisogno ancora di più per salvare le condizioni che ci rendono disponibile, e in nostro potere, quell'alternativa.

L'importanza della formazione accademica, scolare e universitaria,  è di fondamentale importanza. Solo attraverso di essa si ha la possibilità di saper scegliere ciò che dovrà far parte dl proprio bagaglio culturale dalle formazioni presso i luoghi di lavoro. E' attraverso la scuola e l'università che, oltre alle competenze professionali, si devono acquisire quelle competenze e sensibilità sociali che saranno utili a relazionarsi in un ambiente di lavoro dove, molto spesso, l'Altro, il proprio collega, è considerato solo un fornitore o un cliente, e dove i doveri sono tanti ed evidenziati, mentre i diritti sono fonte di continue lotte. E' solo attraverso quelle competenze e sensibilità sociali che si potrà lavorare per un'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori alla gestione aziendale, coinvolgendoli, ognuno per le proprie competenze, senza dover ricorrere a procedure e istruzioni operative che, spesso, hanno odore di nuovo taylorismo. Non tutti gli individui potranno o avranno i mezzi o le capacità di poter studiare a lungo, ma non per questo dovranno essere anche condannati ad una vita lavorativa, sempre che l'abbiano, dove gli sia richiesto solo di portare le gambe e le braccia. E' solo attraverso nuovi dirigenti, quadri e capi, istruiti  a certe competenze e sensibilità sociali che si potrà sperare in un nuovo modo di lavorare e tutto ciò solo la formazione accademica lo può fare, perché la formazione nei luoghi di lavoro forma solo "macchine da lavoro", in competizione tra loro, così da poter scegliere i migliori, e pochi, e fidelizzarli ai loro obiettivi. Il resto è solo supporto da utilizzare in just-in-time.




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